2018
Milan, Kakà: «Ancelotti il migliore. Maldini? Quella volta dopo Istanbul…»
L’ex giocatore del Milan Ricardo Kakà ha rilasciato una lunga intervista in Brasile, parlando anche del suo periodo in rossonero
Ricardo Kakà è stato uno dei migliori calciatori del Milan dell’ultimo ventennio. Dopo il ritiro lo scorso anno, il brasiliano ha appeso gli scarpini al chiodo ma non ha dimenticato da dvoe è partito. In una lunghissima intervista alla trasmissione carioca “Grande Circulo“, Kakà ha ripercorso tutta la sua carriera. Ecco qualche stralcio sul Milan: «Quando arrivai a Milano nel mio ruolo giocavano Rivaldo e Rui Costa. Ma Ancelotti mi disse che dovevo rimanere, che avrei potuto dare il mio contributo. E così fu».
Kakà prosegue: «Tutto capitò a una velocità che non mi aspettavo. Giocai titolare nella prima partita contro l’Ancona e poi quasi tutte le altre, arrivò subito lo scudetto, fui uno dei migliori giocatori della serie A. Non pensavo potesse succedere tutto così in fretta. Ancelotti è l’allenatore che mi ha valorizzato di più. Ha sempre tentato di mettere tutti a loro agio con lo scopo di fare l’interesse della squadra. Il giocatore che più mi ha influenzato positivamente è stato Maldini. Un capitano vero. Quando sono arrivato aveva già vinto tutto, eppure ogni giorno dava tutto in allenamento. Sapeva quando doveva dare una stoccata a un giocatore, o alla società, o alla stampa o ai tifosi. L’ho visto anche litigare con un allenatore. E poi vi racconto questa. Eravamo all’aeroporto di Milano, appena atterrati da Istanbul dopo aver perso la finale contro il Liverpool. Ci incrociammo con dei tifosi che iniziarono a insultarci, dicendo che non si poteva perdere in quel modo. Maldini si alzò, andò incontro a quei tifosi e chiese chi fosse il loro capo. Andò ad affrontarlo, si sedette con lui e gli spiegò cosa era successo. Poi tutti a casa. Quello vuol dire essere un capitano».
Kakà ha anche risposto a qualche domanda sul futuro: «La mia prima scelta è fare il direttore sportivo. Mi sto preparando per quello. Attraverso il calcio voglio imparare cose di altri settori. Voglio sapere di economia e finanza, sto facendo dei corsi, continuando a occuparmi di calcio da osservatore. Poi deciderò come tornare nel calcio. Come direttore sportivo o magari anche come allenatore. In realtà allenare non è la prima scelta, ma tra due o tre anni potrei prenderla in considerazione. Oggi guardando mio figlio giocare ho dei brividi e un po’ di batticuore».