2015

Milan, i quattro punti di accusa per Inzaghi

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Il futuro pare essere ormai segnato per il tecnico rossonero, questa la nostra analisi sui motivi che possono portare all’addio

Filippo Inzaghi si gioca tutto con il Verona. Questo il titolo che ha acceso il lunedì mattina dei tifosi di fede rossonera. I segnali, in tutta onestà, ci sono: Berlusconi non si vede più a Milanello da un mese, Galliani evita il discorso con un doppio passo degno del primo Ronaldo. Il trono del tecnico piacentino scricchiola veritiginosamente, pochi sorrisi e quel nervosismo che fa lascia intravedere la perdita totale del controllo del gruppo. Questo è un aspetto che nel club rossonero si sta analizzando a 360°. Iniziano ad essere troppe le spine: inizialmente furono Mexes, Torres e Rami, passando per Armero, adesso ci sono le situazioni relative a Destro e Cerci. Il secondo era stato il primo nome sulla lista della spesa estiva, paragonato per importanza a Robben (non ce ne voglia il buon Pistocchi). Da quando è arrivato al Milan non ha lasciato il segno, però è oggettivamente difficile farlo se ti sono concessi solo scampoli di gara. Destro tocca, se gli va bene, venti palloni a partita, spesso spalle alla porta. Il Milan a gennaio ha cercato di mettere le toppe qua e la, ma il vero problema è che il sistema di gioco è stato disegnato dalla Swaroski. Una povertà di idee e di tecnica che penalizza il singolo, spesso costretto all’assolo personale. Inzaghi rischia seriamente di diventare il peggior allenatore della storia del Milan. Non lo merita per il passato glorioso che ha scritto ma il presente ha già emesso una sentenza: non è l’allenatore giusto per una squadra che ha bisogno di certezze per ripartire. Ha bisogno di sperimentare, di imparare dai propri errori: in soldoni gli serve la gavetta, magari in un club con meno pressioni.

CAMBIARE SEMPRE – Il Milan non ha mai mantenuto la stessa formazione per due turni consecutivi. Gli infortuni, sopratutto nell’ultimo mese di gennaio, hanno avuto il loro peso ma non possiamo considerare Zapata, Essien e Zaccardo o lo stesso El Shaarawy, dei titolari. In queste condizioni, augurarsi il tanto atteso salto di qualità del gioco è pura utopia. Inzaghi non ha saputo trovare delle certezze tra i suoi giocatori, ha lasciato che la fascia di capitano girasse come una trottola impazzita da un giocatore all’altro. Il candidato principale ora sembra essere Luca Antonelli, uno che nel Milan ci è nato e che ha aspettato tanto questo ritorno a casa. La partita con il Chievo ha evidenzato ancora una volta una manovra farraginosa, con tanti passaggi in orizzontale e la totale mancanza di idee, specie a centrocampo. Dal 4-3-3 aL 4-4-2 per poi chiudere con il 4-3-1-2: tanta confusione senza il miraggio di una idea di gioco offensiva.

CONDIZIONE FISICA – Un altro fattore che desta più di una perplessità è quello relativo alla condizione fisica. Il Chievo del primo tempo ha surclassato il Milan, arrivando sempre primi sulle seconde palle e attaccando sempre le fasce con continuità. Era successo con l’Empoli ed è una costante da novembre ad oggi. Con un solo impegno a settimana, è impensabile pensare ad un Milan stanco, che viaggia con la spia della riserva sempre lampeggiante. Logico pensare ad una preparazione atletica totalmente errata, con i giocatori che si sono adeguati ad un livello di mediocrità molto alto e non si alleneranno con la giusta intensità. Altro segnale che lascia pensare ad una netta frattura tra Inzaghi e il gruppo con gli spifferi che raccontano di un Mauro Tassotti sempre più desideroso di cambiare aria.

NEL SEGNO DI MENEZ – Venticinque presenze, dodici gol e sei assist: numeri importanti per Menez, da top player. In realtà il numero sette rossonero è un grande individualista, con colpi da campione ma non ha le stimmate del leader. Mai una reazione per caricare il gruppo, palloni persi e muso che si allunga. Menez paradossalmente è un giocatore avulso da un qualsiasi discorso tattico. Per i compagni di attacco non è mai facile giocarci insieme, il pallone arriva poche volte e magari in fasi in cui non ti aspetti nemmeno il suggerimento. L’errore più grave è stato quello di incentrare tutto il gioco offensivo sul suo estro: una scommessa troppo rischiosa che ha portato diversi pareggi, specie a San Siro contro formazioni che hanno solo avuto il merito di difendersi con ordine. Torres è stato sacrificato per questo motivo, stessa fine che sembra toccare a Cerci e Destro. Questo gioco è valso la candela? La risposta è facile da dare, Menez poteva e può essere il valore aggiunto ma non può e non deve essere un giocatore intoccabile. Se non si accende Menez, il Milan rimane a secco. Dopo venticinque giornate, non aver trovato una soluzione alternativa, è un errore grave e che non può essere sottovalutato.

QUESTIONE DI MENTALITA’ – A rendere ancora di più tragicomica la situazione in casa Milan sono anche le dichiarazioni rese a fine gara. Il buon Mazzarri potrebbe chiedere i diritti del copyright al collega: sentire dire che contro l’Empoli era impensabile poter dominare, che contro il Chievo soffrono tutti è troppo per quello che è il blasone del club rossonero. Una critica in più può servire, sicuramente lasciare la sala stampa non è un bel segnale. Il rischio, cercando alibi su alibi, è quello di far rimanere la squadra su un livello piatto, senza stimoli. Il paragone con Seedorf torna sempre in auge, ma non rimpiango il tecnico olandese, che comunque aveva fatto molto meglio rispetto all’ex compagno di squadra. Al Milan serve un allenatore vero, magari un Vincenzo Montella, che potrebbe dare un’idea ben precisa ad una rosa che non può essre considerata inferiore a Genoa, Palermo, Sampdoria e anche Lazio. Il destino pare segnato, spetta al mister Inzaghi trovare la giusta via. Dopo venticinque giornate, sarebbe anche arrivato il momento.

 

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