2018

Non il migliore, ma il migliore possibile: Gattuso spiegato filosoficamente

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Gattuso allenatore imperfetto, ma perfetto per questo Milan. Ovvero come l’attitudine dello scombinato Ringhio a trovarsi (quasi) sempre nel posto giusto al momento giusto può confortarci tutti

Un pallosissimo tuttologo tedesco di fine Seicento (tuttologo nel vero senso della parola però, perché si occupava di praticamente tutto lo scibile umano) – si chiamava Leibniz, probabilmente qualcuno di voi lo avrà studicchiato – affermava che non viviamo nel mondo migliore, ma nel miglior mondo possibile. Questione di sfumature, ma neanche tanto. I filosofi dell’epoca si interrogavano insomma sulla condizione umana e cose parecchio complesse ed esistenzialiste – oggi al massimo la discussione si concentra sui sacchetti biodegradabili del supermercato a un centesimo e sulla maniera migliore per fottere il sistema etichettando le banane una alla volta – e Leibniz a chi rinfacciava il fatto che nessun Dio onnipotente si sarebbe mai e poi mai sognato di farci vivere in un mondo così schifoso, rispondeva che sì questo è un mondo imperfetto, ma è pure il meno peggio di tutti quelli che, spiegato in soldoni, potrebbero esistere.

Probabilmente applicare Leibniz a Gattuso potrà apparire come una mezza eresia ai più, ce ne rendiamo perfettamente conto. Sarebbe un po’ come pensare di spiegare alla signora della pelliccetta la visione della mondo di Schopenhauer, penseranno alcuni. A conti fatti però, studiare tizi morti centinaia di anni fa dovrà pur essere servito a qualcosa e a cosa, nello specifico, se non per provare a spiegare con massime assolute concetti di per sé semplicissimi? Seguite allora un attimino il nostro ragionamento.

I topoi dell’esaltazione “gattusiana”, ovvero l’attitudine a trovarsi (quasi) sempre nel posto giusto al momento giusto

Lungi da noi scrivere che l’attuale Milan sia un mix perfetto di calcio e managerialità (leggi anche: LE ULTIME SUL MILAN E YONGHONH LI), perché altrimenti di sicuro ad oggi i rossoneri non si troverebbero nella posizione in cui si trovano ma, evidentemente, un po’ più su. Non postuliamo nemmeno che Gattuso sia l’allenatore perfetto, perché affermarlo sarebbe il primo inequivocabile segnale di squilibrio mentale un attimo prima di andare al cinema per vedere un film coi comici di Colorado o bere direttamente dalla boccetta della varichina. Tuttavia – e qui casca l’asino – non si può negare che al momento Gattuso sia essenzialmente il miglior allenatore possibile per il Milan attuale. Non di certo per quello – vincente – di ieri, in cui Ringhio peraltro giocava con discretissimi risultati, e nemmeno per quello – chi può immaginarlo – di domani, alle prese con chissà quale futuro incerto. Tradotto cioè in altri termini: Gattuso non è il miglior allenatore del mondo, ma è il miglior allenatore possibile per questo Milan e, allo stesso tempo, il Milan non è certamente la miglior squadra al mondo, ma è la migliore squadra possibile per il Gattuso di oggi.

Le ragioni sono tante e variegate, tedioso spiegarle nel dettaglio tutte (ne facciamo volentieri a meno). Limitiamoci però a dire che sarebbe folle pensare – e qualcuno negli ultimi giorni di pericolosa euforia rossonera lo ha pure fatto, per carità – all’acerbissimo Ringhio come provvidenziale delegato della salvezza milanista. Più semplicisticamente Gattuso non era uno scappato di casa qualunque ieri, così come non è un fenomeno oggi. Tendenzialmente Gennarino non pare avere le stimmate da nuovo Ferguson, ma è doveroso lasciargli almeno margini e tempo per provare a diventare qualcosa di simile o analogo. Ricorrono tuttavia, questo è vero, tutti i topos (anzi, per meglio dire i “topoi”, ovvero gli schemi ricorrenti, non gli animali che vivono nelle discariche) dell’esaltazione “gattusiana”: società sufficientemente allo sbando (ma non troppo) e un po’ trascurata in alcuni aspetti della sua gestione (e Pisa docet, seppure con le dovutissime proporzioni), un gruppo di giocatori giovani o comunque animati da spirito di riscatto, un ambiente in perenne equilibrio tra l’ebbrezza della resurrezione e lo psicodramma kafkiano dell’abisso.

Gattuso imperfetto? Può andare anche bene così

Qualche anno fa Gattuso non era di certo il miglior centrocampista al mondo, ma il miglior centrocampista possibile per un certo stile di gioco: fortuna (sebbene per Leibniz nulla fosse casuale, bensì pilotato da un Dio inappuntabile) volle che in quel gioco, che vedeva per fulcro principale ben altri interpreti di manovra, riuscisse ad incastonarsi alla perfezione. Oggi come allora, lo scombinato Ringhio non è il miglior allenatore in assoluto, ma il migliore allenatore possibile per lo sbandato Milan attuale. Il pallossissimo Leibniz certamente lo userebbe come archetipo per confermare la propria teoria, a noi invece basta semplicemente sapere che per fortuna non viviamo in un mondo perfetto.

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