Milan, il disastro spiegato in numeri - Calcio News 24
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2017

Milan, il disastro spiegato in numeri

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L’avvio di stagione del Milan di Montella dettagliato nei numeri: impossibile andare avanti così. Ora serve una svolta

Così non va. Ha detto bene l’allenatore del Milan Vincenzo Montella in una recente conferenza stampa: il primo Manchester City di Guardiola ha speso oltre duecento milioni si euro ma è arrivato quarto. Terzo a dire il vero, ma il succo del suo ragionamento non cambia nella sostanza: siamo di fronte ad un progetto totalmente rinnovato nelle basi ed è logico concedere un tempo standard di attesa. Lasso temporale in cui ci si deve conoscere al meglio, integrarsi umanamente e tatticamente, progredire sul piano dello sviluppo complessivo per poi presentarsi ad armi pari nella lotta per i primissimi posti del campionato. Il punto però è un altro: che si fa nel frattempo? Con quali risultati può essere conciliata l’attesa?

Il Milan di Montella in numeri

Otto partite di campionato, quattro sconfitte. Un 50% che ovviamente non può aderire ai parametri e agli obiettivi imposti dalla nuova dirigenza rossonera: dovesse il Milan proseguire su questo andamento, si ritroverebbe ad aver perso ben diciannove partite del suo campionato. Un qualcosa che oggettivamente non può e non deve accadere dalle parti di Milanello. Le quattro sconfitte sono arrivate dai quattro incontri più complessi dell’attuale cammino rossonero: sui campi di Sampdoria e Lazio, in casa con la Roma e nel rocambolesco derby della settimana scorsa. Tre scontri diretti, tutti persi, oltre all’esame di Marassi. Nessuno si offenderà, ma le quattro vittorie sono invece arrivate tutte contro avversari decisamente alla portata: Crotone, Cagliari, Udinese e Spal, quattro tra le ultime otto forze della classifica di Serie A, alle volte anche a fatica. Il responso è impietoso: decimo posto e meno sette dalla quarta piazza, ultima utile per centrare l’accesso diretto alla prossima Champions League, obiettivo indispensabile per la continuità del nuovo progetto rossonero e sostenuto a gran voce da Marco Fassone e Massimiliano Mirabelli.

Distacchi e gol, altri numeri inchiodano il Milan

Abbiamo anticipato il dato sul pesante distacco dal quarto posto, ma è il cumulo dei gap – dopo solo otto giornate di campionato – ad impressionare: 12 punti dal Napoli, 10 dall’Inter, 7 da Juventus e Lazio, 3 dalla Roma che però ha una partita da recuperare. Quando siamo appena ad ottobre le dirette concorrenti – salvo un immediato e profondo cambio di rotta – sono già volate via. In un campionato in cui il divario medio va crescendo, fattore che di certo non agevola i piani di rimonta del Milan di Montella. La domanda sorge immediata: che senso dare a questa stagione? E perché già ci si interroga ad ottobre? Altre statistiche inchiodano il Milan: con 12 gol in otto gare (media di 1.5 a partita) quello rossonero è il nono attacco della Serie A. Dato mortificante considerando i settanta milioni di euro spesi per André Silva e Kalinic, quota cento se aggiungiamo gli innesti offensivi di Calhanoglu e Borini. Segnale evidente di una squadra che non funziona, ma su tale aspetto ci torneremo. Né tantomeno incoraggia il dato difensivo: con 13 reti al passivo la difesa del Milan è la decima del torneo, più battuta di quelle (in ordine) di Napoli, Inter, Roma, Juventus, Bologna, Sampdoria, Chievo, Lazio e Fiorentina. Valori da metà classifica, dove non a caso alberga tristemente il Milan di Montella.

Cercasi svolta

Un andamento del genere non può essere accettato da chi deve decidere sulle sorti del Diavolo: la via più immediata, nonché quella usualmente più battuta dai club nostrani, è imputare la guida tecnica di tutte le colpe. L’esonero è spesso visto – anche – come una chiave per motivare il gruppo, nel tentativo di suonare la carica e dare la svolta. La squadra non funziona e lo abbiamo anticipato, ma non tutte le responsabilità sono attribuibili a chi la guida sul campo: già in sede estiva avevamo avanzato dei dubbi sugli innesti in mediana, cinquanta milioni di euro che forse avrebbero potuto sfogare in interpreti più validi di Biglia e Kessié. Solo per riportare un esempio. La convinzione resta quella di un tempo standard per amalgamare le parti e presentare un qualcosa che giri a dovere e che possa competere in relazione agli investimenti effettuati: oggi il Milan è decisamente meno della somma delle sue parti. Resta il quesito sulla modalità dell’attesa: un anno fa il Manchester United ad esempio, nella prima stagione sotto il timone di José Mourinho, ha chiuso al sesto posto della Premier League con 69 punti all’attivo, alla media di 1.81 a gara, appena più alta di quella a cui viaggia il Milan attualmente. Eppure ha trovato spazio e tempo per ritagliarsi i suoi successi: la vittoria dell’Europa League, valsa poi l’accesso diretto alla corrente Champions League, il successo in League Cup ed in Community Shield. Tre coppe, per intenderci. Oggi il Manchester United di Mourinho vola e si gioca – con un anno di ritardo rispetto alle previsioni degli addetti ai lavori – il primato del calcio inglese con i cugini del City. Ma per avanzare certe pretese la rotta del Milan deve orientarsi.

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