2016

Montella, proprio quando Berlusconi lascia

Pubblicato

su

L’era Berlusconi: quando vincere non basta

Nella sua era al timone del Milan, il presidente Silvio Berlusconi non si è limitato a vincere e rivincere tutto quel che c’era da aggiudicarsi, ma lo ha fatto chiedendo ai suoi allenatori di lasciare una traccia indelebile nell’evoluzione dello sport più noto del pianeta. Insomma vincere sì, ma al contempo scrivere la storia alterandone il copione.

I DUE SENTIERI: SACCHI… – Al Milan targato Berlusconi e’ accaduto due volte di anticipare tendenze poi diventate tanto comuni da tramutarsi in attualità calcistica: nel pieno degli anni ’90 con Arrigo Sacchi, nel nuovo secolo con Carlo Ancelotti. In ordine temporale spazio al 4-4-2 di sacchiana memoria: il calcio italiano – così come di base quello europeo – allora tutto in campo con il libero staccato dalla linea difensiva ed un unico reale riferimento offensivo, quel Milan riscrisse la materia inserendo l’elemento del dinamismo. Dunque difesa in linea ed a quattro componenti, calcio più votato all’attacco e non meramente difensivo e legato al contropiede, le due punte l’una vicina all’altra per disporre di trame offensive alternative che si emancipassero dal classico impiego dell’unica boa di riferimento. Il Milan della difesa-filastrocca (Rossi, Tassotti, Baresi, Costacurta e Maldini) e degli olandesi e’ ancora oggi storia e consegnò al calcio il modulo che dominò la scena per un quindicennio.

…ANCELOTTI – Andrea Pirlo davanti alla difesa: mossa shock se rapportata al calibro di un club quale il Milan, la cui levatura impone poi di dover rendere conto di un rischio tecnico tanto elevato. Con il genio di Flero in provincia di Brescia ecco una mediana tutta talento e qualità con Seedorf e Rui Costa, il solo Gattuso a correre e fare legna un pò per tutti. Mai nessuno aveva osato tanto: arrivano i successi e quell’affermazione internazionale che fa scuola nel mondo. Ogni riferimento al tiki-taka con cui Guardiola e il suo Barcellona hanno poi dominato il mondo non è puramente casuale: nasce l’idea di poter vincere tutto con il possesso palla, sfiancando l’avversario con la qualità dei giocatori più tecnici, senza rinunciare ad alcuno ma convivendo in nome di una missione comune. Ad anticipare tale evoluzione ancora una volta il Milan.

ED ORA LA SVOLTA SI CHIAMA… – Vincenzo Montella. Da Ancelotti in poi il Diavolo – nel mezzo della tempesta della sua girandola di allenatori – ha vinto soltanto con Massimiliano Allegri: la nostra argomentazione però mirava ad un concetto se vogliamo più elevato della mera vittoria. Lo abbiamo riportato in avvio: lasciare una traccia. Allegri è molto bravo e vince, così come lo fa la Juventus, ma mai in stile Milan: non c’è Juve che tenga in quanto a spirito innovativo e demarcazione di tendenze. Il tutto deve necessariamente condurre ai giorni nostri: è Montella l’uomo giusto? Quello del filo mai spezzato da Sacchi in poi? O il Milan ha definitivamente perso questa forza? Stando a quello che il buon Vincenzino ha mostrato finora il connubio può essere quello giusto: un’idea di calcio che è sembrata poter andare oltre i risultati, anche quelli non all’altezza. I tifosi rossoneri, logorati dalla nebbia degli ultimi anni, oggi firmerebbero a due mani per tornare al successo. Non importa come. Montella può andare addirittura oltre, se il Milan non sarà frenetico, avrà la pazienza di aspettarlo e di crescere con lui. Senza Silvio Berlusconi al comando, che nel caso però avrebbe azzeccato anche il lascito ereditario.

Exit mobile version