2016
Matthew Le Tissier, un Dio di provincia
La storia di Matthew Le Tissier: l’idolo dei tifosi del Southampton, che lo soprannominarono Le God
Questa è la storia di un eroe di provincia atipico. C’è chi in periferia viene venerato per la sua fedeltà alla maglia, chi per le montagne di gol nonostante un bagaglio tecnico non all’altezza. E poi c’è chi, nonostante una tecnica sopraffina, ha scelto di legare indissolubilmente il suo nome ad un club. Probabilmente l’eco di quelle tre parole, ben scandite dai telecronisti per enfatizzare la maestosità delle sue giocate, risuona ancora nelle orecchie dei tifosi del Southampton. “Matt Le-Ti-Ssier”, non un nome qualunque nella modesta città inglese. E non potrebbe essere altrimenti: se la città dell’Hampshire è ricordata per il porto da cui salpò l’ormai leggendario Titanic, nel mondo del calcio il rosso ed il bianco della maglia dei Saints sono associati indissolubilmente ed inevitabilmente a lui, Matthew Le Tissier o, più semplicemente, Le God.
IL SOUTHAMPTON – Matthew Le Tissier arrivò a Southampton dall’Isola di Guernsey dov’era cresciuto e aveva dato i primi calci al pallone. Una piccola isola, dipendenza della Corona di Gran Bretagna ma curiosamente più vicina alla Francia. Molti ritengono che il suo luogo di nascita, un’isola nella Manica abitata per lo più da agricoltori e pescatori, abbia forgiato il suo carattere. Le Tissier, arrivato nella costa Sud della Gran Bretagna a diciassette anni, firmò nel 1985 per le giovanili del club inglese. Nel 1986, anno della sua prima firma su un contratto professionistico, il giovanissimo Matthew non avrebbe neanche immaginato di poter diventare la bandiera dei Saints. O forse sì, se c’è qualcosa di certo sulla sua figura è che nessuno riusciva a capire cosa gli passasse per la testa. La sua prima volta da professionista non era stata quella che aveva sognato, era l’agosto 1986 e subentrò a gara in corso senza riuscire ad evitare la sconfitta (per 4-3) della sua squadra contro il Norwich. A fine stagione quel diciottenne a tratti sgraziato aveva messo insieme ventiquattro presenze e sei gol. Le cose miglioravano di stagione in stagione, Le Tissier sentiva di diventare sempre più importante per quella gente che impazziva per il bianco ed il rosso. Stagione dopo stagione, gol dopo gol, il suo rapporto con quella città che lo aveva accolto appena diciassettenne diventava sempre più forte.
LE GOD – Sedici stagioni con la stessa maglia sulle spalle, roba d’altri tempi. Soprattutto se si considera lo spessore del club, che lottava ogni maledetta stagione per la salvezza. Alto, non di bell’aspetto e spesso sovrappeso, agli antipodi del calciatore moderno. Eppure aveva dei piedi d’oro ed una velocità di pensiero che portarono i tifosi dei Saints e gli appassionati del football a chiamarlo Le God. Piedi educati, dribbling fulminei, capacità di calcio disarmante ed una visione di gioco donata da Dio, quello vero, a pochi eletti. Non amava particolarmente sgobbare sui campi d’allenamento, per la sua stazza avrebbe potuto fare la punta di peso, ma là davanti sarebbe stato sprecato. Con i piedi faceva ciò che voleva, parlava al pallone e sapeva esattamente dove colpirlo per dargli l’effetto disegnato ampiamente in precedenza nella sua mente. Una persona umile, senza maglietta e calzoncini poteva essere scambiato per uno qualunque, invece lui era Le God. L’idolo del Dell. Una vita a tenere in alto la bandiera dei Saints, eppure il suo talento gli avrebbe permesso di militare in club ben più importanti. Ben presto le sue prodezze attirarono le attenzioni di club di prestigio come Arsenal, Chelsea e Tottenham, niente da fare. No, grazie. Le God da Guernsey neanche ci pensava a lasciare Southampton. D’altronde quando sei venerato come (è proprio il caso di dirlo) un Dio è difficile lasciare quella gente, tradire i loro sentimenti. O, forse, era solo che a Matt Le Tissier bastava quello che aveva. Per i più maligni i suoi rifiuti erano l’emblema di un uomo senza particolari ambizioni, forse impaurito dalle grandi realtà. In fondo allenarsi non era il suo forte: lui aveva i piedi, la forma fisica non era mai ottimale ma era comunque incredibilmente spettacolare e decisivo. Altrove gli sarebbe stato richiesto di rigare dritto, correre di più ed abbandonare il suo stile di vita che poco si addiceva ad un calciatore professionista. Un po’ per la sua scelta di restare nel modesto Southampton, un po’ per la sua repulsione ad uno stile di vita idoneo a quello di un atleta, la maglia della nazionale inglese la vestì solo in otto occasioni, per lo più scampoli di partita. Forse è questo il maggior rimpianto di una carriera donata al red and white del popolo del Dell.
L’ULTIMO ATTO – A Le God non interessavano i soldi, i trofei, i riflettori del calcio che conta. L’importante era disegnare calcio, fare esplodere di gioia il The Dell e, perché no, godersi la vita lontano dal caos delle grandi realtà e l’affetto ormai incondizionato dei tifosi. Quei tifosi che aveva fatto sobbalzare per 208 volte e a cui brillavano gli occhi solo a sentire pronunciare il suo nome. Nome impresso per sempre nella mente e nel cuore dei supporters dei Saints ma, qualora ci fossero ancora dubbi, Le God decise di fugarli e far godere per l’ultima, indimenticabile volta i Santi. La partita per farlo era perfetta, l’ultima nello storico The Dell, che sarebbe stato sostituito dal St Mary’s Stadium. Era il 19 maggio 2001: al rientro da un grave infortunio che lo tenne lontano dai campi per lungo tempo, Matthew Le Tissier fu buttato nella mischia a quindici minuti dalla fine. Il tabellone recitava Southampton-Arsenal 2-2. Un pareggio contro i prestigiosi Gunners sarebbe stato un degno risultato per chiudere la storia dei Saints nello storico impianto della città.
Evidentemente, però, Le God non era d’accordo. All’89 si fiondò su una palla vagante in area e con una spettacolare volèe di sinistro la mandò sotto il sette. Sette come il suo numero di maglia, diventato storia a Southampton. Storia come quel “Matt Le-Ti-Ssier” che risuonava negli stadi e nelle televisioni dei tifosi del piccolo club. Storia di un fuoriclasse che avrebbe fatto la differenza anche nei grandi club ma ha preferito legare indissolubilmente il suo nome a quello dei Saints.
Un eroe di provincia per alcuni, un eterno incompiuto per altri. Sono tanti i quesiti, i dubbi, le contraddizioni sulla carriera e sulla figura di Matthew Le Tissier.
Di sicuro, però, su una cosa sono tutti d’accordo. Lui era Le God.