2020

Caputi: «Se si riprenderà a giocare meglio fare i playoff scudetto» – ESCLUSIVA

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Massimo Caputi, responsabile della redazione sport del Messaggero, ha parlato in esclusiva ai nostri microfoni del momento della Serie A

Massimo Caputi, responsabile della redazione sportiva de “Il Messaggero” ha parlato in esclusiva ai microfoni di Calcionews24.com. Il noto conduttore e telecronista sportivo ha fatto il punto sia sull’emergenza Coronavirus sia sulle conseguenze che avrà sulla Serie A.

Il calcio in Italia si è fermato tardi, colpa dei tanti interessi in gioco o perché ha inizialmente sottovalutato l’emergenza sanitaria?

«Credo per entrambi i motivi, inizialmente da parte di tutti c’è stata una sottovalutazione e non ci si è resi conto della gravità del problema. E poi molto hanno fatto gli interessi, alcune società e alcuni organismi hanno fatto di tutto affinché si giocasse, si è discusso sulle porte chiuse o aperte, ma non è un discorso limitato solo al nostro campionato: il calcio italiano e la Lega hanno commesso alcuni errori ma credo che la sottovalutazione in principio sia stata generale e gli interessi non siano stati solo quelli dei nostri presidenti: se Uefa ha fatto giocare fino ad Atletico Madrid- Liverpool e Atalanta – Valencia, in quelle condizioni, significa che è stata la prima a farlo per interessi economici e una scarsa delicatezza nel comprendere la situazione».

In tutto questo le società italiane hanno perso l’occasione di fare fronte comune, quali sono gli elementi ad alimentare le maggiori discussioni tra presidenti della serie A?

«Non c’è tanto da meravigliarsi dell’atteggiamento dei presidenti italiani: il limite della Lega di A è sempre stato quello di non essere mai stata una vera e propria squadra, i presidenti vanno sempre a gruppetti a seconda di interessi condivisi in quel preciso momento, non si è mai avuta una visione d’insieme, e non c’è nemmeno in questo momento. Tuttora c’è la volontà di far ripartire gli allenamenti ma manca la condivisione di una data per la ripresa, sembra che chi preme per ricominciare lo faccia perché vuole vincere lo Scudetto, in un momento come questo mi sembrano dietrologia ridicole. La cosa serie è il danno economico enorme che accuseranno le società calcistiche dalla A fino alla Lega Pro».

In quali termini si puó valutare di ripartire col campionato, e quali potrebbero essere le soluzioni per portarlo a termine? (congelamento posizioni, non assegnare lo Scudetto, playoff ecc.)

«Non so se riprenderà, se dovesse riprendere io punterei sui playoff. A seconda delle settimane a disposizione si può decidere la formula. Sarebbe il modo migliore per chiudere in fretta e sul campo questo campionato, e per ripartire con qualcosa che darebbe grande entusiasmo e adrenalina. Sarebbero tutte finali. Quando il calcio riprenderà ci sarà grande voglia, e l’effetto playoff potrebbe dare ancora più slancio al movimento. Tutti noi avremmo voluto un campionato regolare ma sappiamo che non sarà possibile».

Cosa lascerà in eredità questo momento di estrema difficoltà all’Italia e al mondo del calcio?

«Lascerà molti problemi economici, cambieranno molte cose nel calcio. La valutazione stessa dei calciatori, il mercato estivo. Elementi da non sottovalutare. Oggi pensiamo a quanto non è stato guadagnato sui diritti televisivi, quanto non si guadagnerà, quanto pesano gli stipendi che probabilmente saranno in qualche maniera decurtati ai calciatori, ma dobbiamo iniziare a pensare anche a quello che succederà più in là, la prossima stagione. Penso che ci sarà un ridimensionamento totale, con un minor passaggio di calciatori stranieri, sarà interessante vedere come si adegueranno i nostri club».

Com’è cambiata la routine quotidiana e lavorativa di Massimo Caputi?

«Per la nostra attività di giornalisti questa è un’opportunità per sperimentare forme nuove di lavoro, e di interazione. Sono due settimane che lavoriamo in smart working, confezionando il giornale direttamente da casa nostra. Con relazione e interscambi che consentono di utilizzare la tecnologia in maniera completa e diversa da prima, immaginando un futuro diverso quando finirà l’emergenza. Stare a casa tutto il giorno è una grande novità, alla quale non ero abituato. E’ un momento di introspezione e ci darà la possibilità di pensare di più a noi stessi».

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