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Marocco, Regragui: «Il segreto del Marocco? Le mamme»
Le parole del ct del Marocco, Regragui: «Sabiri è un giocatore di grande talento che non è ancora esploso, un po’ come Amrabat qualche tempo fa»
Walid Regragui, ct del Marocco, ha rilasciato una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport, toccando diversi punti, dalla doppia nazionalità, fino al ruolo delle mamme nell’impresa Mondiale. Di seguito le sue parole.
MAMME – «Normalmente, i giocatori trascorrono molto tempo a distrarsi con le ragazze, con social network, gioielli, foto, Rolex, Louis Vuitton, occhiali… In Qatar abbiamo raggruppato le madri nel nostro hotel. Nel 2018 abbiamo avuto un sacco di problemi perché i giocatori hanno portato i loro agenti, le fidanzate e gli amici. Ho cambiato il regolamento: solo mogli e figli o parenti, fratelli, sorelle, padri e madri erano autorizzati a rimanere. Guardavamo i passaporti di tutti. Se avessi dato loro una scelta, il ritiro sarebbe stata svuotata delle madri. Ma dal momento che potevano solo portare parenti, era pieno di madri. E le madri mettono ordine. Erano molto importanti per me perché la cerchia familiare ruota intorno a loro. Per i musulmani, il raduno delle famiglie il venerdì attorno al couscous della madre è molto importante. L’ho sperimentato alla Coppa d’Africa: essere rinchiusi per un mese senza vedere nessuno tranne i tuoi compagni di squadra non è sano, anche se i media e il pubblico trovano fenomenali gli incontri ermetici perché danno un’idea di ossessione per la vittoria. La verità è che passare la giornata a parlare di calcio con i tuoi compagni di squadra e ascoltare l’allenatore non è così positivo come poter fare una pausa di tanto in tanto per stare con la tua famiglia. Dopo tutto, perché questi ragazzi hanno deciso di giocare per il Marocco? Per i loro genitori! I loro nonni! Perché in patria hanno acquisito quel sentimento di appartenenza per un paese che altrimenti non avrebbero conosciuto. Ora le madri hanno un gruppo WhatsApp dove si organizzano per tutto».
DOPPIA NAZIONALITÁ – «Io sono stato tra i primi e ho vissuto certe perplessità sulla mia pelle: se si vince sei marocchino, se si perde francese. Io ai ragazzi ho chiesto solo decisione e determinazione: fino ai 20 anni li lascio liberi di provare altre nazionali, poi però al momento del matrimonio la decisione dev’essere presa con consapevolezza, perchè è una scelta per la vita. Prendiamo il caso di Brahim Diaz. L’ho incontrato, ci siamo presi un caffè e abbiamo parlato bene e a lungo. Ha il papà marocchino e la mamma spagnola, un’identità ancora più mista. É cresciuto nelle giovanili spagnole, ha debuttato con la Spagna. Al momento non è nemmeno diviso, si sente spagnolo. Ha tutto il mio rispetto. Gli ho solo detto che quando questa sua riflessione sarà finita, se vorrà venire da noi le porte per lui sono aperte, ma al momento non c’è discussione».
AMRABAT – «Un giocatore fortissimo e sono contento che grazie al Mondiale il suo valore sia stato riconosciuto universalmente. Senza il Mondiale poteva rischiare di passare al lato della gloria. Grande cuore, atleticamente un mostro, sa fare tutto. Ci ha messo un po’, ma ha finalmente capito qual è il suo ruolo, quali sono le sue reali possibilità e capacità»
SABIRI – «Un giocatore di grande talento che non è ancora esploso, un po’ come Amrabat qualche tempo fa. Deve ancora lavorare a livello mentale, perché ha tutto: grosso, forte, tecnico, gran tiro. È ciò che gli ho detto in questi giorni: capisco le sue difficoltà alla Sampdoria ma deve crescere come è cresciuto Amrabat alla Fiorentina, perché può esplodere. Il rigore tecnico del campionato italiano gli fa bene: a me i giocatori che arrivano dalla Serie A piacciono molto perché portano un’identità tattica differente a quella degli altri campionati».