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Mancini ha ancora voglia di guidare la Nazionale?

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Nel post-partita di Spagna-Italia Roberto Mancini è stato il primo a giudicare meritata la vittoria degli avversari…

Nel post-partita di Spagna-Italia Roberto Mancini è stato il primo a giudicare meritata la vittoria degli avversari: hanno creato di più e noi non abbiamo mostrato quella mentalità e quel gioco di cui siamo capaci, questo è il succo del discorso. Un’analisi dura, tenendo conto di alcuni meriti che la squadra ha avuto nel primo tempo.
1) La reazione vivace all’immediato gol di Yeremi Pino, l’atteggiamento di chi voleva cancellare in fretta l’evidenza dell’errore di Bonucci
2) La capacità di caricarsi con azioni veloci, nelle quali si procede a folate con ottimi inserimenti di più uomini a centrocampo: l’esempio migliore è stata la verticalizzazione di Jorginho per il gol annullato di Frattesi, ma anche in altre situazioni c’è mancata quella tecnica necessaria per fare bene l’ultimo passaggio e dare fisionomia alle intenzioni.
3) L’accettazione del ritmo degli spagnoli, con immediata risposta sullo stesso piano, come se si volesse mostrare lo stesso coraggio – e non è una novità per la nostra Nazionale – e contemporaneamente si sapesse che ad andatura più lenta non ce l’avremmo fatta negli uno contro uno. Neanche sugli esterni, dove Spinazzola ha sbagliato molti cross buttando palloni in mezzo un po’ a casaccio, mentre Di Lorenzo è apparso un po’ frenato.
Tutto questo è evaporato nella ripresa, dove la Spagna l’ha fatta da padrone, a eccezione della conclusione a colpo sicuro di Frattesi su invito di Zaniolo. Si è visto un Mancini sempre più nervoso, in particolare con Chiesa: richiamato, Fede si è messo una mano davanti alla bocca per esprimere le sue spiegazioni, mentre il Ct non aveva di queste remore ed era in procinto di andare in escandescenze. Proprio questo linguaggio del corpo del Mancio ha colpito Ivan Zazzaroni sul Corriere dello Sport, che è andato dritto al punto chiedendosi «fino a quando Roberto resisterà sulla panchina della Nazionale, dal momento che mi sembra gli sia venuto a mancare il piacere del ruolo: il calcio che vede esprimere dai suoi – e che ogni volta giustifica – è assai distante da quello che insegue. Non a caso il movimento che da tempo gli riesce più naturale è l’allargamento delle braccia che precede le spalle rivolte al campo e l’occhiata ai collaboratori».
Perciò, occhio alla prossima, la finalina tra Olanda e Italia. Oltre a guardare il terreno verde, prestiamo uno sguardo verso la panchina per misurare l’insofferenza della guida azzurra.

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