Mancini dove non è riuscito Mazzarri - Calcio News 24
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2015

Mancini dove non è riuscito Mazzarri

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Il campo non lo dice ancora ma in casa Inter la svolta è totale: gestione manageriale, Mancini ha imposto la sua leadership rispetto a Mazzarri

Non è nei punti della classifica – e del resto neanche c’è stato il tempo di stravolgere il rendimento – che vanno rintracciate le differenze tra l’Inter di Walter Mazzarri e quella di Roberto Mancini: peraltro la media è tutta in favore del tecnico toscano, 16 punti in 11 gare (1.45 a partita) per lui e 5 in altrettante partite (media: 1 a gara) per lo jesino.

IMPATTO COMPLESSO – Ma era logico attenderselo: l’idea di calcio di Mancini è agli antipodi rispetto all’impronta di Mazzarri, fondamentalmente nel primo caso parliamo di un calcio più costruito che per funzionare necessita giocoforza di esponenti di qualità mentre nel secondo di un modello che si basa sulla forza di aggredire l’avversario. E dunque su un pressing alto finalizzato a recuperare la palla già a metà campo e riversarsi nel più breve tempo possibile nei pressi dell’area di rigore avversaria. Non a caso oggi – nella conferenza stampa di presentazione alla grande sfida tra Juventus ed Inter – alla domanda sul calciatore che più invidia ai bianconeri Roberto Mancini ha risposto senza indugio: Andrea Pirlo. L’uomo dell’ordine, dell’equilibrio e della qualità. In quella zona di campo dove il suo collega invece preferisce un mediano vecchio stampo incaricato di rubare palla agli altri. Diverso anche il sistema prettamente offensivo ma non ci dilunghiamo ulteriormente: il succo del discorso è che al neo allenatore nerazzurro occorre ed occorrerà tempo per agire sugli schemi ma ancor di più sulla mentalità di chi (i giocatori) si deve settare su un’interpretazione del tutto differente.

DOVE STA LA DIFFERENZA – Nella gestione manageriale: già dalla prima uscita pubblica Mancini non ha mai fatto mistero di necessitare di esterni offensivi in grado di aprire il campo e creare superiorità numerica. Quelli che di fatto mancano all’organico nerazzurro perché non funzionali all’idea calcistica mazzarriana. E l’ex guida tecnica del Manchester City – forte anche di un curriculum differente da quello sviluppato dal suo predecessore ed in primis all’esperienza inglese che forma un tecnico anche sotto il profilo gestionale – non ha avuto paura di chiedere, di imporsi: ha messo le cose in chiaro, ha indicato la via ed ha obbligato la società a muoversi su un determinato sentiero. L’Inter oggi ha un benchmark, un punto di riferimento che una dirigenza nuova e fresca in termini calcistici non poteva dare (Mazzarri in tal senso doveva imporsi ma non lo ha fatto), un traguardo tecnico da centrare prima tramite il calciomercato e poi sul campo una volta messi a disposizione dell’allenatore gli strumenti necessari: l’intero sistema Inter non brancola più nel buio come invece in precedenza, quando dava la netta sensazione di vivere alla giornata in attesa degli eventi. In attesa di un episodio favorevole da cui trarre linfa ed entusiasmo o di un accadimento negativo per deprimersi ulteriormente. E così le sconfitte fanno meno male perché non si cade a terra persi nel vuoto, le vittorie tornano ad essere pagine da aggiungere al libro di una lenta ricostruzione e non domeniche sparse qua e là.

“SIAMO L’INTER” – Lo ripete senza sosta Mancini ed è il primo reale segnale che vuole lanciare alla squadra: c’è spazio insomma per calciatori consapevoli della storia del club. All’Inter non si vivacchia ma si lotta per vincere. Sempre. Altro lavoro per il Mancio: non solo – come si asseriva in precedenza – dovrà agire su schemi ed identità calcistica ma anche sulla costruzione di una mentalità vincente. In uno spogliatoio in tal senso carente. Intanto Thohir esegue: preso Podolski – c’è il transfer e dunque il tedesco potrà accomodarsi in panchina allo Juventus Stadium – e vicino Shaqiri, il tecnico avrà presto gli esterni richiesti (nutrivate dubbi?) e, se si sa leggere nelle righe dell’organico, una squadra niente male. La qualità di Kovacic ed Hernanes (di fatto un altro acquisto), il dinamismo di Podolski ed eventualmente Shaqiri, i gol di Icardi ed Osvaldo senza dimenticare un Palacio che l’ambiente nerazzurro spera di ritrovare. Spetta a Mancini scegliere la fetta di campo dove far recitare ognuno: nel segno di un imperativo, quello della qualità. Progetto ritrovato, strada ritrovata, Inter ritrovata?

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