2016

Mamma mia Donsah e Diawara: la visione del Bologna

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Taider, classe ’92, è il veterano: al Bologna ora remano tutti nella stessa direzione

Quindici: è il numero con cui si chiude una delle serie di vittorie consecutive più impressionanti della storia del calcio italiano. Autrice la Juventus di Allegri, interruttore il Bologna di Donadoni: lo 0-0 del Dall’Ara con cui si è aperto il programma del ventiseiesimo turno del campionato di Serie A stoppa la nuova capolista dopo un’infinita cavalcata e concede al Napoli – impegnato lunedì sera al San Paolo con il Milan – l’opportunità di riportarsi immediatamente al comando della classifica.

RISULTATO MERITATO – Nell’approccio alla gara si è vista una delle migliori Juventus dell’anno: ritmo infernale impresso alla prima mezzora di gioco, il Bologna si è difeso concedendo qualcosa all’avversario ma puntando su un’organizzazione complessiva che migliora di partita in partita. I bianconeri, nel momento di massima spinta, non hanno trovato il colpo giusto per sbloccare la gara e nella ripresa si sono – forse inaspettatamente – esposti al ritorno del Bologna, che non ha mai lasciato un centimetro sul piano della personalità riversata in campo, ha avuto anche le sue occasioni sprecando qualche contropiede di troppo e, aspetto forse più sorprendente, ha chiuso in scioltezza senza soffrire il preventivabile assedio finale dei campioni in carica. Il risultato è assolutamente quello giusto.

CENTROCAMPO DA URLO – Reso possibile dalla prestazione di un centrocampo spaventoso se raffrontato alla sua carta d’identità: Taider (classe ’92) è il veterano ed è qualcosa che di per sé fa già sorridere, gli altri due componenti della mediana a tre scelta da Donadoni si chiamano rispettivamente Godfred Donsah (’96) ed Amadou Diawara (’97). Sgombriamo il campo dai dubbi: ci vuole innanzitutto il coraggio di schierarli. Di metterli in campo, a prescindere dall’avversario di turno, forti di un’idea, di un progetto, di una visione. Dunque merito da condividere tra proprietà, dirigenza e guida tecnica: per fondare le fortune della propria squadra su un diciannovenne ed un ventenne serve l’audacia di camminare insieme e remare davvero tutti nella stessa direzione, lasciando da parte le tentazioni degli individualismi.

CHI E’ GODFRED DONSAH – Un centrocampista devastante che fa della forza d’urto il suo bagaglio essenziale: basta guardarlo ieri all’opera contro un certo Paul Pogba per comprendere di cosa stiamo parlando. Non cala lo sguardo, non molla un centimetro, non  toglie la gamba, non si limita al compitino insito nel far vedere al proprio allenatore che ci sta provando. Magari sbaglia qualcosa, vedi il non impossibile tap-in sulla risposta corta di Buffon nella prima frazione di gara, ma ogni errore viene vissuto con la consapevolezza che serva a progredire in futuro. Il Napoli lo aveva puntato in estate e con lui sarebbe stato più forte: rotazioni più adeguate, anche lo stesso Donsah avrebbe trovato maggiore spazio di quanto fosse lecito attendersi, ma ha scelto Bologna (ci sta!) per essere sicuro di giocare ed i frutti sono ora visibili.

CHI E’ AMADOU DIAWARA – Se parliamo di futuribilità il principe è Amadou Diawara: ha meno passo del collega di reparto (vera e propria mezzala di centrocampo) ma più sapienza in cabina di regia, dove si esibisce con la consapevolezza di un calciatore già fatto. Il passaggio corto quando non c’è da rischiare, la giocata quando invece è il momento di non limitarsi: a fare impressione è quanto tutto il Bologna si fidi di lui. La squadra lo cerca e lo trova, lui non si nasconde e non si lascia mai beffare dalla voglia di strafare: un must invece per i ragazzini desiderosi di mettersi in mostra perché appena sbarcati nel calcio di spessore. Il Bologna farà fatica a trattenerli, è lapalissiano, ma non va dimenticato – e lo dimostra il valore complessivo di tutta la rosa ed il rendimento (quarta squadra del torneo!) sotto la gestione Donadoni – che alle spalle di questa visione c’è un presidente solido: Joey Saputo quantomeno si presenta come tale e lo valuteremo per l’abilità di spingere il suo Bologna oltre le dimensioni al momento ipotizzabili.

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