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Magrin: «Ho scritto l’inno dell’Atalanta e Bergamo è casa mia. Io erede di Platini? Assolutamente no, avevo l’8 di Tardelli. E la mia Juve non poteva vincere per due motivi»
Le parole di Marino Magrin, ex calciatore di Juve e Atalanta: a Torino schiacciato dal peso di essere “l’erede di Platini” a Bergamo così di casa che…
Per tanti tifosi degli anni ’80, Marino Magrin è stato l’erede di Michel Platini, il regista al quale la Juventus ha dato una responsabilità troppo grande da assumere. A La Gazzetta dello Sport l’ex centrocampista dell’Atalanta si racconta in una bella intervista.
BERGAMO – «Una seconda casa. Ho segnato una quarantina di gol in sei anni, ho realizzato sogni e ho giocato in tutte le categorie, dalla Serie C1 alla A. Sono ancora così legato al posto che sono rimasto a vivere da queste parti, a Torre Boldone. Abito a tre chilometri dallo stadio»
HA SCRITTO L’INNO DELL’ATALANTA – «Grazie a dei ragazzi in Val Galdino. Nel 1984 scrissi qualche strofa con l’aiuto di mia moglie, il resto è storia. Per 25 anni è stato l’inno della Dea. Fu inaugurato contro il Como, dove segnai su punizione. Chi mi riconosce mi dà il suo numero solo per farmi ascoltare la suoneria: il mio inno».
QUANTI GOL HA SEGNATO SU PUNIZIONE – «Tanti, non ricordo».
EREDE DI PLATINI – «Non lo sono mai stato. Ero un buon giocatore, non un fuoriclasse come lui».
SI SENTIVA IN DIFFICOLTA’ – «Mai. Ne parlavano gli altri, non io, e poi Boniperti scelse di dare la sua dieci a De Agostini per tutelarmi. Io indossai la 8 di Tardelli, un sogno. Qualche anno prima lo sfidai in amichevole con l’Atalanta. A fine partita gli chiesi timidamente la maglia».
COSA NON FUNZIONO’ NEI DUE ANNI ALLA JUVE – «La squadra era satura, arrivata. E poi il Milan di Sacchi era incontenibile».