2020

Liverpool devastante: ecco come Klopp ha spaventato la Premier League

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Pur con moltissime assenze, il Liverpool ha dominato la sfida d’alta classifica con il Leicester e fatto capire alla Premier League quanto i concetti di Klopp siano ben radicati nei suoi giocatori

L’ultima giornata di Premier League è stata molto indicativa. Tutti aspettavano con ansia i big match Tottenham-Manchester City e Liverpool-Leicester. Come tutti sappiamo, il City è caduto in modo rovinoso a Londra, mentre i Reds hanno demolito con facilità un Leicester che sembrava lanciatissimo.

La gara tra Spurs e Citizens, che ha dato la vetta (condivisa con Klopp) a Mourinho, altro non ha fatto che confermare i diversi momenti delle due squadre. Oggi, come avevamo già scritto qualche settimana fa, il City è ben lontano dallo squadrone delle due PL consecutive, una formazione che dava la sensazione di poter segnare quando voleva. Gli avversari erano costretti a schiacciarsi dietro, ma ciò non bloccava affatto la pericolosità del Manchester. La squadra di Guardiola, grazie a un giro palla sublime, riusciva quasi sempre a muovere la struttura difensiva rivale, come dimostrano gli oltre 200 punti tra il 2017 e il 2019, stagioni caratterizzate da tantissimi gol segnati.

Al contrario, oggi il City ha difficoltà enormi in entrambe le fasi. Difendendosi con un blocco molto basso, il Tottenham ha blindato alla perfezione gli spazi, soprattutto grazie al grande lavoro di Hojbjerg e Sissoko (i due mediani): spesso, per seguire De Bruyne e Bernardo Silva, si abbassavano talmente tanto che formavano una linea a 6. Il giro palla del City ha costantemente sbattuto contro il bunker di Mourinho, soffrendo poi molto a palla persa.

Gli Spurs hanno creato tantissimi pericoli in transizione, con Kane che guidava sistematicamente le ripartenze del Tottenham. Oltre ad attaccare male, il Manchester City è poi in costante affanno senza palla.

 

Al contrario, il Liverpool di Klopp ha dato una prova di forza enorme. Non solo perché ha demolito un Leicester, a caccia del primato, che fin qui in trasferta aveva sempre vinto. Ma perché lo ha fatto nonostante tantissimi assenti, tanto che in alcuni reparti sembrava quasi la formazione di una gara di coppa di Lega.

Senza Alexander-Arnold (il regista decentrato della squadra), Klopp ha adattato Milner come terzino destro. Al centro della difesa, con Joe Gomez che si è aggiunto all’assenza di un Van Dijk che ha ormai finito la stagione, i Reds hanno schierato Fabinho (adattato) e Matip. In avanti, Jota ha preso il posto di Salah positivo al Covid, mentre in mezzo al campo Wijnaldum è stato costretto a giocare come vertice basso: ai suoi lati, Naby Keita e il diciannovenne Curtis Jones.

Eppure, nonostante tutto, abbiamo visto il solito intenso Liverpool fino alla fine, che non ha fatto respirare l’avversario per larghe fasi del match. Si tratta di una partita che conferma la bontà del progetto tecnico costruito in questi anni: anche se mancano tanti titolari, la rosa è costruita in modo tale che è possibile giocare allo stesso modo anche con “riserve”, mantenendo intatti i propri principi.

In effetti, in questi anni il Liverpool ha acquistato giocatori con precisione quasi scientifica, individuando anche grazie all’utilizzo della tecnologia (si tratta di una società avanguardistica che investe molto in big data) i profili più funzionali possibili per il calcio di Klopp.

Insomma, è stato un turno di campionato che da un lato ha fatto emergere gli enormi limiti del Manchester City, e che dall’altro ha mostrato come il ciclo di Klopp sia ben lontano dal far vedere delle crepe. Anzi, i principi tattici sono così interiorizzati che la squadra si mantiene su eccellenti performance anche quando mancano titolarissimi. L’Atalanta di Gasperini è avvisata.

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