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2015

Lippi: «Se arriva un’offerta, la valuto»

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lippi tribuna aprile 2015 ifa

L’ex c. t. ricorda: «Alla Juve cambiai tutto, all’Inter ambiente ostile»

Di nuovo sul mercato, dopo oltre un decennio di assenza dalla Serie A: Marcello Lippi è pronto al grande ritorno e non ha problemi a dirlo apertamente. «Dopo la Cina avevo detto che volevo smettere. Ma dopo un po’ mi sono accorto che vedo le partite come fossi in panchina, con la stessa partecipazione. Ho capito la reale natura di quella stanchezza: non volevo più stare lontano da casa. Sì, ho voglia di tornare ad allenare e se arriva qualcosa di interessante la valuto in modo aperto», le parole dell’ex commissario tecnico campione del mondo 2006 nel corso di una intervista a tutto tondo rilasciata oggi. Sì, perché Lippi, dopo l’esperienza al Guangzhou Evergrande, non vuole proprio saperne di andare in pensione. Nonostante sia proiettato al futuro però, per l’ex allenatore di Juventus e Inter, tra le altre, c’è spazio anche per i ricordi: quelli belli (la Coppa del Mondo con l’Italia, ma anche il doppio ciclo bianconero) e quelli meno belli (la parentesi breve e difficile in nerazzurro). 

LIPPI: «ALLA JUVENTUS CAMBIAI TUTTO» – Ricordando al Corriere dello Sport i suoi inizi di calciatore prima e da allenatore poi, nella Primavera della Sampdoria, Lippi si fa strada tra le sensazioni del passato: l’approdo al Cesena, poi all’Atalanta, quindi al Napoli. Alla Juventus però la sua storia personale cambiò radicalmente: «Quando arrivai erano dieci anni che non si vinceva niente: cambiai mentalità e facemmo scelte tattiche nuove. Anche io prima di andare alla Juve non avevo mai vinto niente: in un solo anno conquistati tutto». Tanti i giocatori lanciati in quel periodo: da Alessandro Del Piero a Roberto Baggio, passando per Gianluca Vialli, che ad un certo punto voleva andare via dai bianconeri («Ma io mi opposi: non potevo cedere il più forte bomber italiano», ricorda Lippi). In quella Juventus c’erano anche Didier Deschamps, Antonio Conte e Paulo Sousa, oggi guarda caso tutti allenatori di successo…

«ALL’INTER NON FUI ACCETTATO» – Quindi la parentesi interista: «Fu un’esperienza contraddittoria. Dava fastidio la mia juventinità e io la difendevo, ma mi ero reso conto che non c’era il clima giusto. Allora andai dal presidente Massimo Moratti e gli dissi che era meglio finire lì. Lu mi sembrava d’accordo ma poi telefonò e venne persino Marco Tronchetti Provera e insieme mi convinsero a restare. La nuova stagione cominciò male e fummo eliminato dai preliminari di Champions. Io dissi ai giocatori che se fossi stato il presidente avrei cacciato l’allenatore e preso a calci tutti loro. Fui esonerato». Da lì il ritorno alla Juventus, ancora vittorie, quindi l’approdo in Nazionale nel 2004 e la vittoria del Mondiale due anni più tardi: quello però fu anche l’anno delle polemiche e di Calciopoli, ovvio. 

«CALCIOPOLI CI HA AIUTATO» – «Avevo un gruppo di giocatori fantastico: Calciopoli aiutò la squadra ad essere più unita». Fu Lippi a scegliere Fabio Grosso come tiratore finale ai rigori contro la Francia, episodio culmine di una partita segnata dalla testata di Zinedine Zidane. L’ex c. t. ricorda: «Non era la prima volta: Zinedine diede una testata a un giocatore dell’Amburgo ai tempi della Juve. Zidane però è una grande persona e questo non viene cancellato da un gesto sbagliato». Il ritorno in Nazionale, nel 2010, fu un fallimento: Lippi provò la difesa a tre, alla fine Alessandro Nesta rinunciò alla spedizione sudafricana, Giorgio Chiellini si fece male, quindi dopo di lui anche Andrea Pirlo e Gigi Buffon, ma non ci sono scuse: «Sbagliammo e basta», ricorda Marcello, che da allora ha scelto di emigrare altrove.

«MI PIACE DI FRANCESCO» – Tra i calciatori più interessanti Lippi cita Federico Bernardeschi della Fiorentina. Tra gli allenatori, invece… «Direi Eusebio Di Francesco, che sta dando personalità e gioco e fiducia alla sua squadra, il Sassuolo. E poi anche Maurizio Sarri che ha sfatato un luogo comune: che ci vogliano anni per dare identità a una squadra. In pochi mesi il Napoli non prende più tutti i gol che prendeva prima. E ne fa di più e più belli»

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