2016
La seconda squadra del Siviglia
Viaggio nel mondo Siviglia: le chiavi del successo
E’ un’impresa nella storia del calcio: il Siviglia si aggiudica per la terza volta consecutiva l’Europa League, circostanza mai accaduta prima. Era riuscito due volte al Real Madrid (’85 ed ’86, quando ancora si chiamava Coppa Uefa) ed allo stesso Siviglia (2006 e 2007), che centra così l’ulteriore record di 5 edizioni di Europa League conquistate in undici anni. A livello internazionale ha fatto meglio soltanto il Real Madrid nell’allora Coppa dei Campioni, vincendo 5 titoli consecutivi (le prime 5 della storia, dal ’56 al ’60) e 6 in undici anni con la sesta conquista nel ‘66.
OBIETTIVO MIRATO – No, non può più essere mera coincidenza: questo club punta dritto all’affermazione in Europa League, con tutti i rischi del caso, insiti nello scegliere un traguardo per propria definizione ad eliminazione diretta. Tradotto: basta sbagliare una partita e sei fuori. Eppure il Siviglia non si lascia spaventare da questa circostanza, forte del suo carattere e dell’esperienza oramai accumulata nella gestione delle situazioni da dentro o fuori: basta riflettere sulla partita del St. Jakob-Park, dove – dopo un primo tempo completamente fallito e ad onor del vero attutito dalle stravaganti scelte arbitrali – è tornata in campo con quel mordente che non ha lasciato scampo ad un Liverpool eccessivamente sorpreso. Che ha così vanificato lo splendido vantaggio di Sturridge.
EMERY E I SUOI – Il tecnico spagnolo, pur sacrificando spesso il campionato, è stato in grado negli anni di forgiare un carattere: il Siviglia ha ora lo spessore della squadra che non molla mai e, pur non esprimendo un calcio chissà quanto innovativo o godibile, sa giocarsela su ogni palla ed andare oltre i propri limiti. Quattro gli uomini chiave: Krychowiak, Banega, Coke e Vitolo. Partiamo dal primo, il più sottovalutato. O meglio, il meno in vista: il mediano polacco (’90) è il reale equilibratore di questa squadra, ha spiccato senso della posizione e quella presenza che garantisce all’intero Siviglia di non perdere i punti di riferimento. Banega (’88) è il battitore libero: può scegliersi la posizione di campo dove ritiene di poter incidere maggiormente e far male all’avversario con le sue soluzioni, l’argentino però ci mette anche corsa e tigna, fattori che lo completano a dovere e lo rendono un grande acquisto per l’Inter che sarà. Coke (’87) è quel jolly tattico per cui ogni allenatore farebbe carte false: di base esterno basso, lo schieri alto in una finale e ti fa doppietta. Arduo desiderare di più. Vitolo (’89): dalle Canarie con… qualità. Questo esterno inventivo ha il difetto di vedere poco la porta ma in quanto a numeri – anche da situazioni di gioco apparentemente morte – sa farsi rispettare eccome.
MIRACOLO? – Del traguardo sportivo abbiamo detto, superfluo tornarci. Il quesito: Emery ha centrato la storica impresa con un organico inadeguato? Guardando alle riserve del Siviglia non si direbbe. Tra gli esclusi della finale di Basilea ad esempio, possiamo tirare su questa squadretta davvero poco male: Sergio Rico (terzo portiere della nazionale spagnola) tra i pali, Fazio e Kolodziejczak i centrali o volendo quel Pareja titolare fino alla scorsa stagione, Diògo Figueiras e l’infortunato Tremoulinas sulle corsie. Il gigante Iborra ed il giovane Cristoforo in mediana (o volendo lo stesso Fazio, con Pareja e Kolodziejczak da centrali difensivi), la stella Konoplyanka con Reyes e lo sfortunato Krohn-Dehli sulla trequarti a supporto di Llorente. Dunque ricapitolando (4-2-3-1): Sergio Rico; Diògo Figueiras, Pareja, Kolodziejczak, Tremoulinas; Fazio, Iborra; Konoplyanka, Krohn-Dehli, Reyes; Llorente. Un undici che probabilmente da solo non farebbe molta strada ma il cui valore di mercato complessivo si aggira intorno ai 90 milioni di euro. La seconda squadra. La questione è di immediata lettura: o il livello del campionato spagnolo si è elevato al punto tale che le riserve della settima squadra classificata valgono 90 milioni, o la concorrenza internazionale – le prime sette/otto squadre di Premier League, Serie A e Bundesliga – non ha saputo programmare allo stesso livello. Del resto se negli ultimi tre anni le sei edizioni di Champions ed Europa League sono state interamente un affare iberico, qualche domanda ce la si deve porre.