2013
La prima di Andreazzoli: Roma allo sbaraglio. Cercasi normalità
Parte male, malissimo, la Roma del dopo Zeman: il 3-1 subito al Marassi dalla Sampdoria non segna quell’inversione di tendenza tanto auspicata dalla dirigenza giallorossa e lascia squadra e progetto in un mare di punti interrogativi. Il primo è la classifica: la Roma oggi è addirittura nona – distanziata di ben dieci punti dal terzo posto occupato dalla Lazio, obiettivo stagionale – e troppo al di sotto delle aspettative iniziali.
IL MODULO: ROMA ALLO SBARAGLIO – La scelta della società di affidare le chiavi della squadra ad Aurelio Andreazzoli va nella direzione del “salvare il salvabile” della seconda deludente stagione del nuovo corso americano e ripartire in estate con un rinnovato progetto tecnico. All’ex collaboratore tecnico dunque il compito di ordinare la squadra e restituirle grinta e morale in vista degli ultimi mesi di campionato: nulla di tutto ciò si è visto al Marassi. Ordine neanche a parlarne: il 3-4-1-2 su cui ha optato Andreazzoli ha visto come interpreti di fascia Marquinho e Lamela. Impensabile lasciare la competenza dell’intera corsia destra all’argentino, immediata la conseguenza: alla Sampdoria bastava ripartire ed affondare sugli esterni per tovare giocoforza la Roma in inferiorità numerica e sofferente di evidenti errori di posizione. Insomma un gioco da ragazzi, per un allenatore che sa svolgere discretamente il suo mestiere, trovare in breve tempo le contromisure e far male a questa Roma.
LE PRESTAZIONI DEI SINGOLI: UN DISASTRO – Proseguiamo con ordine: Stekelenburg ha ritrovato la sua maglia da titolare incassando fiducia piena dal nuovo tecnico alla pari di un tale De Rossi. Meglio di Goicoechea, bastava poco, ma colpevole sulla punizione di Sansone e poco affidabile in occasione del terzo gol di Icardi e in altre situazioni di gioco meno rilevanti. Terzetto difensivo – composto da Marquinhos, Burdisso e Castan – in balia di se stesso e della già approfondita non copertura tattica sulle corsie laterali, dove Lamela ha fatto bene in fase offensiva risultando però assente in termini di equilibrio alla pari di un Marquinho calato subito dopo un discreto avvio. Il centrocampo ha provato a garantire palleggio ed intensità, ma attualmente De Rossi è un giocatore da ritrovare sotto il profilo morale ed atletico, Bradley non può fare la differenza e Pjanic sembra predicare nel deserto, peraltro con evidenti discontinuità. In un periodo del genere risulta impensabile aggrapparsi a capitan Totti, mentre il simbolo della giornata giallorossa è Osvaldo che si incarica della battuta di un calcio di rigore – peraltro declassando proprio il capitano giallorosso – regalando la palla a Romero. Anarchia, caos, autogestione, disastro.
IL FUTURO – Il “salvataggio” della stagione passa per l’eventuale finale di Coppa Italia: ancora da guadagnare nella insidiosa trasferta di Milano, una vittoria contro la Lazio – già qualificata per la finale di Roma – regalerebbe quantomeno un brandello di orgoglio ad una piazza oramai esausta. Uno scenario che ad ogni modo non potrebbe ridimensionare il secondo flop consecutivo del corso americano: via Luis Enrique e Zeman, ok, ma sarà l’ora di interrogarsi sul criterio che ha dettato le scelte da due anni ad oggi. Una riflessione che investirà inevitabilmente i vertici dirigenziali, incapaci ad oggi di dare normalità e stabilità a squadra ed ambiente e, in termini di calciomercato, senza dubbio colpevoli di rischi inutili ed evitabili. Il futuro immediato: la Roma ad oggi ha sonoramente fallito ma sulla carta ha quattordici partite per ridimensionare il disastro. Ad Andreazzoli è stato assegnato il compito di dare quell’ordine mai intravisto negli ultimi due anni e di cui non si è registrata traccia nella sua prima: l’inversione di tendenza in casa Roma passa oggi proprio dal non vergognarsi di fare cose normali.