2012

La parabola di Wes, quello che nel 2010 giocava infortunato

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C’era una volta un giocatore fantastico, uno dei talenti più splendenti di quella che potremmo considerare l’ultima grande nidiata proveniente dal calcio olandese all’inizio degli Anni 2000: la sua carta d’identità dice che il suo nome è Wesley Benjamin Sneijder, è nato a Utrecht (città nota per un altro grande del football del Paese dei tulipani, un certo Marco van Basten, ndr) il 9 giugno del 1984 e che alla tenera età di 23 anni avrebbe realizzato il sogno di ogni calciatore: indossare la maglia del Real Madrid. Ma quello che all’apparenza sembrava, appunto, un sogno, nel giro di pochi mesi si sarebbe trasformato in un incubo, una strada impervia senza possibilità di uscita: bene nella prima stagione, con ben 9 reti e la conquista della Liga, ma la seconda annata divenne rapidamente un annus horribilis, con un infortunio patito in avvio di stagione e le poche presenze ufficiali, con la degna conclusione dell’avventura segnata dal messaggio ricevuto da Jorge Valdano: “Non fai più parte del nostro progetto, per noi sei un giocatore dell’Inter.

Ecco, l’Inter, la squadra che lo accoglie a braccia aperte e che grida al miracolo di mercato, visto che per prelevare il giocatore dalle merengues sono “bastati” sedici milioni, sette in meno rispetto a quanti ne sono occorsi ai blancos per acquistarlo dall’Ajax. Sneijder sente di dover conquistare subito i suoi nuovi fans, e si presenta con una prestazione da antologia nel derby stravinto a fine agosto per 4-0, nonostante pochi allenamenti con la squadra. Ma la grande trovata dell’uomo di Utrecht, in combinazione con il suo nuovo allenatore Josè Mourinho, riguarda la strategia adottata nei pre-partita delle gare più importanti della stagione: il clou avviene nella conferenza stampa antecedente il ritorno dei quarti della Champions 2010, quando Mou metteva in dubbio la presenza del giocatore contro il CSKA Mosca e Wes puniva su punizione 24 ore dopo.

Come i russi, anche il Milan nel derby di ritorno in campionato, il Barcellona in semifinale e persino il Bayern Monaco nella finalissima di Madrid confidavano nel forfait dell’olandese, per poi ritrovarne puntualmente il nome nelle formazioni ufficiali. A fine maggio fu festa totale per Sneijder, per Mourinho e per l’Inter, che celebrarono il completamento del celeberrino Triplete. Ma con la dipartita del vate di Setubal verso il Real Madrid, qualcosa si inceppò. Arrivarono, nell’ordine: Benitez, Leonardo, Gasperini, Ranieri e Stramaccioni, cinque tecnici che provarono a puntare tutte le loro fiches sul 10 nero…azzurro, ma che videro andare tutto il piatto dalla parte di altri: prima il Milan e poi la Juventus per lo scudetto, l’Atletico Madrid in Supercoppa Europea, lo Schalke 04 e poi l’Olympique Marsiglia in Champions League. Un piccolo cadeaux arriva nel dicembre del 2010, con un Mondiale per Club vinto nominalmente da Benitez, ma in cui si vedeva chiaramente qualche rimasuglio di mourinhità.

Gli infortuni, appena accennati o addirittura finti per rasserenare gli avversari, diventarono concreti e sempre più gravi, tanto che il numero di gare saltate per problemi fisici aumenta nettamente nelle due stagioni successive all’addio dello Special One, e il sorriso a 32 denti sfoggiato nella notte di Madrid si è progressivamente trasformato da ridolino appena accennato in un malinconico broncio. Ora Wes lotta per difendere contomporaneamente il suo posto in squadra e il suo faraonico ingaggio, che mal si sposa con le nuove direttive di Babbo Moratti e del suo staff: le due cose non possono coincidere, la cessione a gennaio appare ormai sempre più probabile, e non è da escludere un suo ritorno di Sneijder alla corte di chi, per trarre qualche vantaggio, ne annunciava fantomatici infortuni alla vigilia delle gare…

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