2017

La mezz’ora da NBA del Napoli di Sarri

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Il Napoli incanta nella Scala del calcio di San Siro: battuto un Milan dal gran cuore

E’ durato mezzora, vero. Il solito partito dei criticoni potrebbe obiettare – a ragione – che non possono bastare trenta minuti per portarsi a casa una partita. O meglio: non è detto che bastino, né sono certamente sufficienti sul medio-lungo periodo di una stagione se sono soltanto sprazzi. Il Napoli di Maurizio Sarri però è oramai nel pieno di una traiettoria qualitativa che conosce pochi pari nell’ampio spazio del calcio circostante.

LA MEZZORA DEGLI SPAZI RISTRETTIMilan-Napoli, il prato dello stadio San Siro nella prima mezzora è apparso poco più grande di un campetto da basket: merito di una squadra che riesce a trovarsi come poche altre al mondo. Le trame degli attaccanti hanno oggettivamente lasciato a bocca aperta: in occasione del primo gol Mertens, nell’effettuare l’assist, non deve neanche guardare dall’altra parte del campo perché sa con assoluta certezza di trovare Insigne. E’ un no look di default. Il resto lo fa l’esagerato talento dello scugnizzo partenopeo. Il gioco a memoria si riscontra in egual misura per quanto concerne il raddoppio: Mertens gestisce il pallone perché sa che troverà quel determinato movimento in profondità di Callejon. Impossibile opporsi perché il Napoli anticipa il tempo. Compie prima quello che sta per accadere poi, ruba un tempo di gioco. Così come quando lo stesso belga – nella notte di San Siro più efficace nelle vesti di assist-man che di trasformatore – spreca clamorosamente il cazzotto dello 0-3: il filtrante di Allan arriva ancor prima che il belga effettui il taglio nella difesa rossonera.

SALSA GOLDEN STATE WARRIORS – Per chi mastica basket statunitense il parallelo sarà giunto immediato: i primi Golden State Warriors, quelli dell’Anello 2015, gli interpreti in grado di ridisegnare i concetti della pallacanestro moderna. Movimento continuo, non concedere punti di riferimento agli avversari diventa il volano più efficace per concederne a sé stessi. Il caos per gli avversari diventa caos calmo per chi lo interpreta: i vari Stephen Curry, Klay Thompson, Draymond Green e compagni sapevano trovarsi in campo soltanto in quel modo. Appena si fermavano erano dolori. Ed infatti non si fermavano. Per il Napoli è lo stesso: se si ferma è perduto. Con l’aggravante – sempre procedendo su questo intrigante parallelo – che la dotazione di talento a disposizione dei Golden State Warriors consentiva anche di sopravvivere a determinate battute d’arresto: il Napoli, seppur di talento ne ha in gran dote, non può permettersi la stasi.

L’ALTRA ORA – Testimonianza in buona parte arriva anche dalla vittoria sul campo del Milan: un’ora di gioco in cui il Napoli ha rallentato e si è inevitabilmente esposto al ritorno di un Milan di gran cuore e coraggio. In quel di San Siro poi è andata bene, merito ad una squadra che ha finalmente saputo sporcarsi e condurre in porto una battaglia anche sul terreno fangoso a cui non è assolutamente abituata. Diciamocela tutta: il Napoli – nonostante la dimostrazione di Milano – non sembra squadra capace di soffrire. E’ un salto di qualità forse non realizzabile da questo Napoli. Ma attenzione, non si può avere tutto dalla vita: l’esagerata ambizione di questa proposta calcistica paga dazio nella concessione di terreno che si deve rendere agli avversari. La Juventus ad esempio è più solida perché ha difensori più forti, certo, ma anche perché non vive con l’ossessione di dover presentare un calcio così oltre le righe. E non ha vergogna di offrire alle volte prestazioni piuttosto scialbe: l’importante è il risultato, e spesso basta tenersi ed aspettare la giocata di un singolo per ottenerlo. Il Napoli è dunque un prendere o lasciare: consigliamo di prendere, si riscontra raramente – soprattutto in Italia – un consenso unanime di questa entità. Un applauso generale, a prescindere dai colori del tifo. Per diventare anche vincente dovrebbe raggiungere l’elisir perfetto aggiungendo massima compattezza senza retrocedere sul piano della qualità, ma non si può pretenderlo. Non gli si può imporre.

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