2014

La leadership di Garcia nella notte dell’atleta Totti

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Manifesto del calcio giallorosso all’Etihad di Manchester. E se prima si gridava al miracolo ora ci si rammarica per la mancata vittoria

CHAMPIONS LEAGUE MANCHESTER CITY ROMA TOTTI GARCIA – La chiave di svolta della gara, in un Davide contro Golia, sarebbe indubbiamente stata la concessione di un calcio di rigore al Golia di turno dopo appena cinque minuti dal fischio d’inizio: lecito – per chi recita la parte dell’indifeso Davide – accusare il colpo, lecito sfaldarsi di fronte all’impossibilità di rovesciare le sorti dell’evento.

MA LA ROMA DI GARCIA… – Un avvio da incubo. Alzi la mano chi, alla trasformazione del penalty da parte di Aguero, non ha ipotizzato un’inevitabile sconfitta. Sì, anche chi questa Roma la segue giornalmente e di cui ne conosce alla perfezione meccanismi e reattività: tutte balle, lì – in quel momento – non ce n’è uno che non abbia pensato al peggio. Magari sì, uscire con onore dall’Etihad, ma nulla in più. Questa Roma al contrario, sempre più la Roma del condottiero Rudi Garcia, da quel preciso istante ha cominciato a macinare un calcio spettacolare ed intenso, mescolando la salsa della tecnica italiana a ritmo e pragmatismo europeo. Un belvedere per gli occhi degli amanti della materia: scontato il ritorno nel finale di un Manchester City già costretto a vincere, ma di fatto i giallorossi si sono difesi con ordine e senza rischiare più di tanto.

NON SOLO CALCIO – O ancora meglio senza rischiare più di quanto lo abbiano fatto i padroni di casa. Che, per lunghi tratti della gara, hanno palesato la netta impressione di riuscire a malapena a portare in dote un punto. Peraltro costretti a cambi difensivi – Milner per Navas e soprattutto Lampard per Dzeko – nel tentativo di arginare l’aggressività giallorossa. Abbiamo detto di un modello calcistico del tutto funzionante che oramai abbina automaticamente quantità e qualità, ma a determinati livelli tutto questo può non bastare: il resto lo fa – lo deve fare – la personalità. Se manca quella, se vengono meno carattere, determinazione ed attitudine a vivere determinati momenti senza farsi prendere dal panico o dalla voglia di strafare, anche la più invidiata delle proposte calcistiche può riscoprirsi infruttifera. La Roma, per merito prima di tutto della sua guida tecnica ed emozionale, ha superato l’esame dei campioni d’Inghilterra legando come mai prima questi due elementi: quello tangibile del campo da gioco e quello meno tangibile del trovarsi a proprio agio – e non limitarsi a sopravvivere – in ogni circostanza. E nel non sorprendersi troppo: anni fa l’ambiente giallorosso avrebbe gridato al miracolo e festeggiato a Fiumicino, ora si parla di rammarico per il mancato bottino pieno. Tanto di cappello all’uomo nuovo Rudi Garcia: serviranno inevitabilmente ulteriori esami di maturità ma il calcio italiano intravede la luce anche grazie ad un signore di cui poco più di un anno fa neanche conosceva l’esistenza.

IL RE DI ROMA – Poi c’è tale Francesco Totti ed un paragrafo non può bastare: probabilmente avete già letto e riletto, visto e rivisto, vissuto e rivissuto, praticamente tutto. Non è dunque intenzione di chi ora vi scrive approfondire – e forse tediarvi, se uno come il capitano giallorosso può annoiarvi – sul calibro di un gesto tecnico che la dice lunga sull’immenso talento (questo sì) da noi conosciuto. Quel che mi ha personalmente impressionato è la rapidità, la ferocia dello scatto: quando Nainggolan gli serve la palla in profondità lui ha già letto la situazione ma questo lo deve alla sua sovra-naturale visione di gioco. A trentotto anni però, se ai regali di madre natura non aggiungi l’abnegazione, la cura maniacale di un fisico da ragazzino, l’ossessione per il dettaglio, la dedizione ad una causa, l’incondizionata voglia di esserci, quel gol non ti riesce. Sì è vero, hai letto la situazione, ma su quella palla non ci arrivi. Lui invece ci arriva eccome. E ci arriva con la lucidità che occorre per inventare – ed essere in grado di farlo – il proverbiale cucchiaio. Tutto questo è possibile e si chiama Francesco Totti: da ieri il calciatore più maturo ad aver segnato nella massima competizione internazionale. Osannato dalla stampa estera come materia di culto: non comprendono dove abbia trovato l’elisir di lunga vita.

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