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La benedizione Koopmeiners che diventa (troppa) dipendenza per l’Atalanta
La grande importanza di Koopmeiners che risulta una vera e propria arma a doppio taglio per l’Atalanta. Ecco perché
Certe volte una benedizione può essere anche una maledizione, e nel caso dell’Atalanta porta il nome di Teun Koopmeiners. Da quando in qua il numero 7 nerazzurro è una maledizione? Mai, anzi, è puro sacrilegio definire l’olandese come elemento debole della squadra, bensì si sta parlando della trasformazione che la Dea ha attuato nei suoi confronti: da giocatore importante a vera e propria dipendenza.
Andando di metafore, è come se un ristorante comprasse un ingrediente talmente buono da allargarlo a tutti i piatti del menù facendogli alzare la qualità del locale: lo togli anche solo per un giorno a pranzo e diventa un problema ritornare al punto di partenza dopo la strada che hai preso, risentendo molto del giudizio della clientela.
Lo è stato per Papu (e dopo la sua partenza si è sentita la mancanza) sulla trequarti, lo è per l’olandese avente sottobanco la stessa tesi: questa Atalanta senza Koopmeiners perde il suo gioco e di conseguenza tutta la costruzione, oltre che le redini di un centrocampo che senza di lui pare spaesato. Non che le alternative non siano all’altezza considerando per esempio la crescita di Ederson, ma è chiaro che l’asse tra centrocampo e attacco, senza Koop, è privo di idee.
Un campanello d’allarme visto ciò che si è visto contro la Lazio confrontando il primo tempo con il secondo, soprattutto dall’ingresso di Teun in avanti. Certo, è normale che all’interno di una squadra ci sia l’elemento imprescindibile, ma dall’altra la squadra deve compensare al meglio se il numero 7 dovesse necessariamente riposare o peggio ancora infortunarsi (e l’anno scorso lo è stato addirittura per un mese intero), per quanto Koopmeiners risulti a mani basse uno dei migliori centrocampisti della Serie A.