2014

L’uomo in più

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Ezio Glerean, un tecnico che col suo 3-3-4 ha fatto sognare il Cittadella e Paolo Sorrentino

ACADEMY AWARDS – Paolo Sorrentino ha rivoluzionato il cinema italiano degli ultimi anni e non solo con La Grande Bellezza, premiato agli ultimi Oscar qualche settimana fa. Per un motivo ancora impossibile da decifrare ha fatto il giro dei social network il suo ringraziamento particolare durante la cerimonia, quando ha omaggiato registi e musicisti del passato e anche Diego Armando Maradona. Sì perché Sorrentino non è solo un regista, è un appassionato di musica ma anche un grande calciofilo. Tifoso del Napoli ma amante del pallone in generale, proprio sul calcio ha basato il suo primo lungometraggio, L’uomo in più, una pellicola ancora oggi troppo sottovalutata nella quale uno strepitoso Andrea Renzi interpreta Antonio Pisapia, calciatore a fine carriera che vuole diventare allenatore non ha molta fortuna. Per questo personaggio, che si alterna all’altro Pisapia interpretato da Servillo, Sorrentino ha preso spunto dal grande Di Bartolomei e non solo: in una scena Pisapia-Renzi spiega la sua tattica avveniristica, un 3-3-4 che sfrutta appunto “L’uomo in più” nella fase offensiva. Per un un film sottovalutato si prende spunto da un tecnico sottovalutato, vale a dire Ezio Glerean.

ORANJE – Ezio Glerean nasce a San Michele al Tagliamento nel 1956 e, dopo una carriera nelle serie minori come difensore, nel 1988 passa ad allenare la Marosticense. E’ nella prima metà degli anni Novanta che Glerean però riesce a sfondare come tecnico e il merito è di una donna, sua moglie Caroline che è originaria di Amsterdam. In quegli anni all’Ajax si pensa in grande, dopo un decennio così così la squadra torna ad affacciarsi sui palcoscenici europei grazie a Louis van Gaal, allenatore che adotta uno spregiudicato 3-3-1-3 che nelle fasi offensive diventa addirittura 3-3-4, un modulo che non si vedeva da prima delle due guerre addirittura, una tattica del tutto votata all’attacco e figlia del calcio totale che in Olanda ha dato fortuna a molti. E così Glerean, sfruttando le origini della moglie, può studiare da vicino van Gaal e questo nuovo sistema, consapevole forse che in un paese calcisticamente conservatore come l’Italia potrebbe essere un azzardo tentare questo modulo tanto simile al Metodo di Vittorio Pozzo, il 2-3-2-3 chiamato anche WW.

SANDONA’ – Sicuramente a quei tempi facevate l’album delle figurine Panini e prendevate in considerazione il Sandonà solamente nel caso vi mancasse il suo stemma per finire la Serie C2 ma dovete sapere che fu proprio Glerean a riportare la squadra veneta tra i professionisti dopo quarant’anni di astinenza; come fece? Semplice, con l’uomo in più. Dopo aver lottato con Valdagno e Bassano Virtus, il Sandonà di Glerean e del suo spumeggiante modulo all’olandese trainati dalle reti di bomber Meacci conquistano la C2 e uno spettro si fa largo in Italia. Allora è possibile rompere la breccia del catenaccio anche nelle serie minori, si può costruire un progetto sulla spregiudicatezza e sull’attacco totale! Il pressing delle punte con Glerean è essenziale, da loro parte la prima fase difensiva: attaccare il portatore di palla con un pressing alto per recuperare la sfera e attaccare di nuovo il prima possibile, i numeri dicono il contrario ma il 3-3-4 è anche un modulo difensivo, se una squadra sa applicarlo nella maniera giusta. La favola del Sandonà finisce nel 1996 dopo due anni di C2 e l’addio del presidente Granzotto, i biancocelesti lanciarono gente come Mayer e De Franceschi – rivisti poi in A – mentre per Glerean era solo l’inizio.

CITTADELLA – La svolta arriva con il Cittadella. Gabrielli nel 1996-97 chiama Glerean alla guida dei veneti e lì cambia la storia. Dopo un primo passaggio in Serie C1, nel 1999-2000 il Cittadella arriva alla finale di Verona contro il Brescello da favorita in virtù della migliori posizione in classifica ottenuta nella stagione regolare. Le cose si mettono male, gli emiliani vanno sull’uno a zero ma all’ultimo istante è Mazzoleni a riequilibrare la gara e a portare in Serie B per la prima volta i granata. E’ un tripudio, è l’ennesimo miracolo targato Glerean. Ma com’è possibile che una tattica senza terzini e con quattro punte possa avere così successo? Semplice, perché è interpretata all’olandese e non in maniera intransigente all’italiana: nei tre difensori dietro c’è un libero e due marcatori, che non avanzano mai se non sulle palle da fermo; a centrocampo oltre al regista ci sono due mezzali che fungono da mediani quando la squadra è in fase di non possesso mentre le ali hanno una doppia valenza, sono esterni di centrocampo quando si deve difendere, mentre sono vere e proprie punte laterali quando si attacca. Oltre alla prima punta, l’imprevedibilità viene dalla seconda punta, una sorta di 10 post-litteram, un trequartista falso che con la sua fantasia agisce anche da secondo attaccante, è questo il vero uomo in più. Insomma, una roba mai vista anche se in quel periodo in Serie A stava venendo fuori un altro allenatore particolare, un certo Zdenek Zeman.

L’ISOLA CHE NON C’E’ – Le annate al Cittadella sono ancora vive nel ricordo dei tifosi veneti e dopo quell’esperienza Glerean cercherà fortuna al Venezia e al Palermo ma con Zamparini sarà complicato, poi arriverà la fortunata avventura al Bassano Virtus, al quale rimarrà per due anni e mezzo mutando l’assetto della squadra e passando a un 4-2-4 non proprio catenacciaro. Glerean non allena più dal 2010, quando subentrò per tre mesi al Cosenza, e le cause sono da ricercare nella mania italiana di tutte le squadre, dal Milan al Borgorosso, di affidare la panchina a ex calciatori senza esperienza, allenatori giovani pronti a fallire ma che forse danno quell’appeal in più e quell’esborso economico in meno che i presidenti desiderano. Glerean non ha mai allenato in Serie A, purtroppo, ma ha vinto tutti i campionati possibili fino alla Serie C1. Il fatto che un tecnico del genere non alleni più rappresenta, seppur nel suo piccolo, l’ennesima sconfitta del calcio italiano. Continuiamo così, facciamoci del male.

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