2014

L’impresa riuscita solo a Del Piero

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Le quaranta primavere di Alessandro Del Piero: un fuoriclasse non ancora sostituito. E che manca a tutti

DEL PIERO JUVENTUS ITALIA – La carriera di Alessandro Del Piero si divide in due libri: ante e post 8 novembre 1998. Nel giorno precedente al suo ventiquattresimo compleanno il fenomeno bianconero si procura l’infortunio più grave della sua carriera – rottura del legamento crociato anteriore e posteriore del ginocchio sinistro – ed è da quel maledetto 92’ minuto di quel maledetto Udinese-Juventus che tutto è cambiato.

ANTE ’98: LA FAVOLA DI PINTURICCHIO – Fino a quel momento ogni intenditore della materia che si rispettasse nulla avrebbe potuto eccepire: Alex Del Piero a pieno merito nel gotha calcistico mondiale. Un talento brasiliano in una mentalità europea per il prototipo del calciatore perfetto: fantasioso e prolifico, bello e letale, l’esuberanza della giovinezza ed i crismi del leader in un solo corpo ed un’unica mente. Il celebre gol alla Del Piero, la Champions League nell’anno della cessione del predecessore Roberto Baggio, i primi scudetti e la Coppa Intercontinentale decisa in primissima persona. Trofei che ratificano quella che allora era una certezza: Del Piero a pieno titolo tra i primi calciatori al mondo ed orgoglio del movimento sportivo italiano, non sfigurante nel faccia a faccia con i vari Ronaldo e Zidane. Il tutto suggellato da quel geniale appellativo regalatogli dal suo presidente: l’avvocato Agnelli lo definì Pinturicchio ed  è così che è poi definitivamente passato alla storia.

POST INFORTUNIO: ESSERE UN CAMPIONE – Tutto è cambiato, si diceva. Vero, inutile nasconderlo: la lista di allenatori che quasi per moda lo hanno messo in discussione – prima chi avrebbe soltanto sognato di farlo sarebbe stato accompagnato alla porta – ed una generale considerazione non stravolta ma mutata. Ora Alessandro Del Piero è un grande giocatore che può essere alternato ad altri, importante ma non fondamentale, uno che può addirittura fare la differenza a gara in corso o perché no riscaldarsi senza entrare in campo (Capello docet). Vedete, se il primo libro è di per sé meraviglioso, la preferenza personale va al secondo. Perche? Per una semplice ragione: abbiamo tutti noi conosciuto una persona meravigliosa. Un esempio, un santino da mettere in mano ad un figlio che vuole intraprendere la carriera calcistica: mai una parola fuori posto, mai un atteggiamento sopra le righe, mai una percezione negativa. Tutto in nome di due passioni incontrollate: quella per il suo lavoro e l’amore per la sua Juventus. Vecchia Signora con cui è retrocesso in Serie B senza fiatare, alle volte subentrando in luogo di Bojinov. Sì, di Valeri Bojinov. Il tutto intervallato da altri cinque scudetti di cui due revocati, dal toccante trionfo mondiale con la maglia dell’amata Italia in terra tedesca e quel gol ai padroni di casa che mandò tutti noi in delirio, dal peso decisivo negli ultimi successi in bianconero a trentasette anni suonati, dalla standing ovation che il Bernabeu riserva soltanto agli avversari più grandi. All’anima del ridimensionamento.

L’UOMO DEL PIERO – Per realizzare tutto questo e tradurlo da sogno a verità, l’enorme talento concesso da madre natura può non bastare se non accompagnato da precise ed identificate caratteristiche umane. E quella parola fuori posto e quell’atteggiamento negativo non arrivati in bianconero mai si sono rivelati in qualsiasi altro contesto: il rispetto incondizionato per l’avversario gli ha regalato in cambio la stessa merce. Il simbolo Del Piero non è mai stato intaccato dai detrattori del mondo Juventus: neanche al tempo della Triade e dei misfatti di Calciopoli. Non è stata fatta di tutta l’erba un fascio gettando ogni cosa in un disgustoso calderone: Alessandro Del Piero non è stato toccato. Non sfiorato. “La Juve si ama o si odia”, recita un detto popolare nostrano: macché, non vale per lui. Il calcio italiano ne ha individuato l’integrità e lo ha eletto a simbolo: amato dai suoi, rispettato dagli altri. Ed è questo che forse più di ogni altra cosa è riuscito al 10 bianconero: essere riconosciuto. Se l’obiettivo attuale è quello di divulgare calcio in terreni dove non ha ancora attecchito, bene, non abbiamo miglior prodotto d’esportazione. Domenica saranno quaranta, buon compleanno Alex.

 

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