Kroos: «Il calcio Italiano è in forma, ci sono alcune squadre che possono arrivare in fondo; mi sarebbe piaciuto giocare in quella squadra»
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Kroos: «Il calcio Italiano è in forma, ci sono alcune squadre che possono arrivare in fondo; mi sarebbe piaciuto giocare in quella squadra»

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Le parole di Toni Kroos dopo aver ricevuto il premio di Golden Player Man 2024: ecco cosa ha detto sul calcio italiano

Toni Kroos ha ricevuto ieri il premio Golden Player Man 2024 di Tuttosport come miglior giocatore della stagione. Di seguito le sue parole al quotidiano torinese.

PREMIO – «È fighissimo. Vorrei ringraziare Tuttosport per questo premio speciale, e poi la giuria che ha deciso di spendere i propri voti per me. Tra di loro ci sono grandi campioni mondiali che conoscono il calcio profondamente, è questo rende il tutto ancor più speciale. Per me significa tanto, è un grande onore, un trofeo che rende ancor più bello il mio fine carriera».

COME STA DA RITIRATO – «Sono felice e molto impegnato in questo momento: ogni giorno mi occupo della mia fondazione e dell’Icon League, ma non le nascondo che ogni tanto il calcio mi manca. Sono ancora nell’ambiente con l’Academy di Madrid, ma in una veste completamente diversa rispetto a prima. Ho lasciato uno sport che praticavo da quando avevo sei anni; quindi, è inevitabile che la mia vita sia tutta costruita attorno al calcio. Il ritiro mi ha messo un po’ di tristezza, ma è stata una mia decisione. Volevo chiudere un capitolo della mia vita per aprirne un altro. Sono soddisfatto di quello che ho vinto, fatto e vissuto, non solo dentro al campo. Però sì, ci sono giorni in cui ci penso…».

IN UNA INTERVISTA HA DETTO CHE SE FOSSE STATO UN TENNISTA GIOCHEREBBE ANCORA – «I tennisti si gestiscono da sé: possono scegliere come e quando allenarsi o recuperare. Sta a loro pianificare le proprie trasferte in giro per il mondo, e in più possono portarsi sempre dietro i propri cari. Sono liberi, insomma. Nel calcio non funziona così. Sei parte di una squadra, e in quanto tale devi sottostare a delle regole: è il club a comunicarti orari e luoghi in cui ti dovrai far trovare. Ti dicono come e quando allenarti, cosa mangiare. Viaggi due o tre volte alla settimana e sei costretto a lasciare a casa la tua famiglia. Una lavatrice… Diciamo che dopo tanti anni di carriera, questo è stato uno dei motivi che mi ha portato ad imboccare la via del ritiro».

I TRE SUCCESSI A CUI É PIU’ LEGATO – «Il trionfo nel mondiale brasiliano del 2014 è stato folle, un sogno. Poi, devo mettere per forza le tre Champions League di fila vinte con Zidane. Eravamo fortissimi, praticamente imbattibili. Ma il momento più speciale di tutti è stato quello del mio addio al Bernabeu. Quando competi a questi livelli sei assorto da mille pensieri, ti alleni giorno dopo giorno per preparare una partita e poi un’altra e poi un’altra ancora… Il tempo vola e tu rischi di non renderti conto né di dove sei e né di cosa tu stia facendo. Quella sera ho alzato lo sguardo verso gli spalti e ho ricevuto un amore indescrivibile. Ho realizzato per davvero che cosa sono stato in grado di trasmettere alla gente in questi dieci anni. È stato bellissimo».

MINEIRAZO – «Prima di entrare in campo, eravamo certi che sarebbe stata una sfida durissima contro una squadra super motivata e convinta di poter vincere il mondiale in casa. Al 35’, sul 5-0, ricordo che ci siamo guardati tutti: non potevamo credere a quello che stava accadendo. A fine primo tempo, con la gara ormai in tasca, ci siamo ripromessi di continuare a giocare e di mostrare rispetto nei confronti del Brasile e dei suoi tifosi, ma senza umiliarli. Lowe, del resto, fu chiaro con noi: ‘Il primo che fa il fenomeno lo sbatto fuori’. L’umore della folla è passato velocemente dall’estasi iniziale alla delusione per poi diventare qualcosa di ancor più negativo. Dal campo si percepiva benissimo».

MOMENTI PIU’ COMPLESSI – «Forse la partita da cui è stata più dura riprendersi è la finale di Champions persa nel 2012 contro il Chelsea. Giocavamo in casa e abbiamo deluso i nostri tifosi. A posteriori potrà sembrare assurdo, ma non potevo immaginare che poi quella coppa l’avrei vinta sei volte…»

ANCELOTTI – «È stato lui a portarmi a Madrid, mi ha voluto fortemente nel 2014 dopo il Mondiale. Loro avevano appena vinto la Champions e lui mi chiamò dicendomi che mi voleva per portare la squadra a un livello superiore. Per me passare dal Bayern al Real non era un salto da poco. Lui l’ha reso molto più semplice, mi ha motivato. Il nostro rapporto è sempre stato speciale e mi piace l’idea che la mia storia al Real si iniziata e finita con lui alla guida».

COSA HA PENSATO QUANDO É TORNATO NEL 2021 – «A dir la verità non ce lo aspettavamo minimamente. Per noi è stata una grandissima notizia, anche perché nello spogliatoio molti – a cominciare da Carvajal, Marcelo, Modric, Ramos e Nacho, i senatori insomma – avevano già avuto l’opportunità di lavorare con lui. Quando ti conosci sai già come prenderti. Poi lui dalla sua prima esperienza al Real è un tecnico diverso, si è evoluto e questo ci incuriosiva molto. Ci abbiamo messo un attimo a capire il suo calcio e a recuperare il rapporto che c’era prima».

CALCIO ITALIANO – «Penso che negli ultimi anni il livello si sia alzato moltissimo. Lo vediamo soprattutto nelle competizioni europee. L’Inter è arrivata in finale un paio di anni fa, l’Atalanta ha vinto l’Europa League contro il Leverkusen neocampione di Germania, il Milan ha battuto il Real al Bernabeu. Ci sono diversi club che possono giocarsela fino alla fine…».

GIOCARE IN SERIE A – «Durante i miei anni in Spagna so che c’è stato l’interesse di alcune squadre di Serie A, ma io non ho mai pensato di lasciare i Blancos. Il calcio italiano mi è sempre piaciuto: è tecnico, intenso e molto tattico. Ma il Real è il Real…».

DOVE GLI SAREBBE PIACIUTO GIOCARE – «Non conoscendo bene gli ambienti, mi verrebbe difficile sceglierne una. Forse, in questo momento non mi sarei visto male nell’Inter. Giocano con fiducia, calma e qualità, cercando di imporre il proprio gioco contro chiunque. Sono davvero forti».

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