2014

Klas Ingesson, a testa alta

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Un omaggio a Klas Ingesson, prematuramente scomparso oggi a 46 anni

KLAS INGESSON – Il campionato di Serie A non è più quello di una volta, non ci sono quei fenomeni che popolavano la nostra massima divisione e che all’estero andavano solamente a fine carriera. E’ forte il sentimento di nostalgia verso gli anni Novanta, quando si sfogliava l’album delle Figurine Panini e sembrava di essere in un altro mondo. Come dimenticare dunque nomi e volti di un calcio vicino ma lontano nei contenuti. Klas Ingesson era uno di questi: centrocampista svedese di Bari, Bologna e Lecce, magari non il giocatore più forte visto in quel periodo ma senza dubbio uno dei più rappresentativi dei Novanta, quando anche le piccole potevano permettersi il meglio sulla piazza. Oggi per l’appunto è un giorno triste, Klas Ingesson, 46 anni, è morto in Svezia a causa di un mieloma multiplo che lo ha colpito nel 2009 e che però non aveva fermato la sua grinta e la sua voglia di lottare.

IN ITALIA – Quando giocava, Ingesson era un veterano. Cresciuto in patria nel Goteborg, ha poi tentato l’avventura all’estero con grande successo passando al Mechelen, al PSV e allo Sheffield Wednesday prima della fortunata fase italiana. Tre anni a Bari, due a Bologna e uno a Lecce, con in mezzo una breve esperienza a Marsiglia in maglia OM. Chi lo ha visto giocare ricorderà che non si trattava solamente di una sorta di Cerbero del centrocampo, aveva piedi più educati di quanto il fisico facesse immaginare, tant’è che spesso era incaricato di battere i calci piazzati – ne sa qualcosa la Sampdoria, retrocessa proprio per un suo rigore. Professionista fino all’inverosimile, i compagni hanno sempre elogiato il suo carattere e il suo comportamento mai fuori dagli schemi; è famosa in tal senso una sua affermazione ai tempi dello Sheffield: «Questi giocatori corrono come animali ma non si sa come facciano visto che alla fine degli allenamenti si fiondano al pub». In campo sapeva dire la sua, difficilmente si prendeva la ribalta ma quando accadeva allora lo faceva in bello stile: 5 aprile 1997, Bari – Lecce in Serie B finisce 2-1 e i due gol dei Galletti sono dello svedese, idolo incontrastato al San Nicola.

MIELOMALeader silenzioso è una definizione abusata ormai ma che calza a pennello con Ingesson, definito da tutti anche gigante buono. Grosso, enorme addirittura, ma di una generosità (calcistica e non) fuori dall’ordinario. Corsa, grinta e agonismo lo hanno accompagnato anche nella florida carriera in nazionale, condita da un terzo posto a USA ’94 dove si prese la soddisfazione di segnare un penalty nella lotteria dei rigori alla Romania ai quarti. Poi, dopo il ritiro dal calcio giocato, nel 2009 arriva la terribile notizia. Mieloma multiplo, ne parlano tutti i giornali e anche dall’Italia tutti i tifosi che lo hanno visto correre sui campi di Serie A mandano messaggi di solidarietà. A dire il vero c’è pure un momento in pare tutto finito, tutto tornato alla normalità: nel 2010 Ingesson stesso annuncia la guarigione ma la gioia dura poco, purtroppo.

ALLENATORE – Il 30 settembre 2013 addirittura l‘Elfsborg gli offre un contratto da allenatore. E’ una notizia splendida, ma con riserva. A causa dei farmaci Ingesson è costretto su una sedia a rotelle per via dell’osteoporosi. Così grande e così fragile, Ingesson più volte non riesce neppure a tenersi in piedi e in un’occasione si rompe il femore cadendo dalla carrozzina. Gli ultimi anni di Ingesson sono stati un vortice: la malattia, la guarigione, l’osteoporosi e poi di nuovo il mieloma. E allora cicli di chemioterapia, l’autotrapianto di midollo e la lotta contro le malelingue, zittite una volta per tutte dopo un 3-1 all‘Hacken con una nota ufficiale: «Basta parlare del cancro, parliamo del campo. Ho vinto e non ho nemmeno il patentino!». L’esperienza all’Elfsborg è durata solo un anno, fino a inizio ottobre 2014 quando si è dimesso per il sopravanzare dei problemi di salute. Da qualche giorno non si avevano più sue notizie, fino a stamattina, quando si è spento nella sua casa di Ödeshög, sud della Svezia.

CI MANCHERA’ – Lo abbiamo visto lottare in mezzo al campo e recuperare palloni, e con la stessa determinazione ha affrontato anche la più dura delle battaglie. Tendiamo a esaltare i calciatori immaginandoceli come supereroi, intoccabili e inattaccabili, ma poi è la dura realtà a farci tornare coi piedi per terra. E così passiamo dalla corsa di Ingesson sotto la curva del Bari dopo lo scavetto a Lorieri in un derby intenso del ’97, a un’altra immagine sempre sotto una curva: è ancora una volta Ingesson, ma gonfio e irriconoscibile, costretto su una sedia a rotelle. Va sotto i suoi tifosi, accompagnato da un’assistente. E’ pallido e potrebbe piangere da un momento all’altro, ma tiene duro e alza il pugno festante davanti ai fan dell’Elfsborg. Un’immagine immensamente triste e dolorosa per chi ama il calcio in tutte le sue sfaccettature ed è cresciuto apprezzando la domenica anche le giocate di questo gigante svedese con l’otto tatuato sulle spalle. Se n’è andato come quando giocava: a testa alta, senza paura.

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