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2016

L’abitudine di Pogba

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Non fanno ormai più notizia le meraviglie del francese: ecco perché

Dilaniato com’è dai veleni che a onde ricorrenti dilagano mediaticamente e non solo, il calcio italiano nel suo complesso fatica a cogliere i momenti, le situazioni e i protagonisti di grande bellezza. E quando si impongono, è tale la scarsa riflessione sulle questioni tecniche che appena l’eroe si avvicina ai microfoni gli si propone l’angosciante dilemma: è vero che te ne vai? Perché tu piaci a tutta Europa e si sa che te ne andrai, basta solo che ce lo dici, anzi, confessalo.

IL POGBA PRIMAVERILE – Potrebbe essere questa la descrizione del Pogba di primavera. Non c’è giorno che in qualche luogo non lo si racconti con le valigie belle che fatte, pronto per qualche destinazione. Anche a club che non parteciperanno alla Champions League prossima ventura, nonostante si scriva che lui se ne andrà a Torino proprio per la delusione di Monaco. E intanto i giorni passano e sono ormai 4 gli anni che il popolo bianconero si delizia delle sue prodezze. Col rischio concreto di non vedere che cosa sta succedendo realmente nell’ultimo periodo. Magari è solo una sensazione, probabilmente è difficile individuare in così tanto talento delle tappe definite di crescita e maturazione. Ma l’ultimo Paul Pogba, quello delle recenti 4 apparizioni in campo, sembra ancora qualcosa in più di ciò che già conoscevamo. Una sorta di scatto in avanti, che lo sta portando al livello dei più grandi, esattamente quello che lui ha sempre pensato di voler raggiungere, conscio com’è del grande talento posseduto e di quanto conti il lavoro e le conoscenze acquisite nel nostro vituperato calcio, assolutamente enciclopedico per quanto ti trasmette in termini di consapevolezza tattica.

TRASCINATORE – Una premessa: quest’impressione di un salto di qualità era già maturata la scorsa stagione, esattamente all’inizio del 2015. In un anno nel quale complessivamente il rendimento di Pogba era stato al di sotto dello standard raggiunto con la fase finale nella Juventus di Antonio Conte, la sequenza di gare interpretate da autentico protagonista era stata troppo evidente per non farsi notare in un preciso arco temporale. Se è vero che la scelta del numero 10 – che oltre al ruolo indica anche la personalità del fuoriclasse e la leadership conseguente – è maturata durante l’estate, in quei giorni il francese si era dimostrato a tutti gli effetti un trascinatore in una squadra dove peraltro esisteva già il carisma di Andrea Pirlo e le virtù agonistiche-tecniche di Carlos Tevez. Il tiro al volo al S. Paolo, imprendibile; le due prestazioni da signore del centrocampo negli incontri ravvicinati con il Verona, tra Coppa Italia e campionato; il gol con il Chievo, quando si trasforma in pochi minuti da normale attore di centrocampo a fenomeno con la statura da super-eroe che fa semplicemente quello che vuole; per finire con la rete segnata al Sassuolo, nei minuti conclusivi di una sfida in equilibrio, a ricordare quanto la definizione di campione valga se stabilisci una linea di continuità nelle tue prestazioni e se risulti decisivo quando le circostanze ti impongono di esserlo e tu ci riesci – per di più – con un coefficiente di qualità altissimo (lo ricordate quel destro da fuori in corsa? Sublime).

NARCISISTA? – Gli esami non finiscono mai, si sa. O comunque quando il tuo standard di rendimento è altissimo, ogni minimo appannamento viene sottolineato. A Pogba è toccato anche vivere questa situazione. Il che già indica quanto abbia occupato l’immaginario collettivo il complesso delle sue giocate se si è udito qualche fischio allo stadio per un passaggio sbagliato. Se lo si è bacchettato per qualche narcisismo fuori luogo. Se si è sottolineato qualche limite d’interpretazione nelle fasi calde delle partite più importanti. In sintesi: con uno come lui rischia di fare più notizia il piccolo passaggio a vuoto, la lieve imperfezione, della mostruosa originalità che propone sul campo. Ecco perché bisogna soffermarsi su ciò che abbiamo ammirato nell’ultimo periodo. Per evitare che la si consideri ovvia e normale, laddove invece segnala un’ulteriore crescita di un numero 10 che anche le cifre ci dicono come sia destinato a chiudere il 2015-16 con il suo record di gol e di assist, lui che pure continua a essere uno straordinario recuperatore di palloni e un fondamentale pilastro della robustezza del centrocampo bianconero.

UN ALTRO POGBA – “E’ un altro Pogba”, si scrive su La Gazzetta dello Sport dopo Bayern-Juventus per valutare con il 7 in pagella il suo contributo. Una rete da opportunista e la partecipazione decisiva sulle giocate più importanti che avrebbero potuto determinare un altro esito nella sfida: l’assist in sterzata per Cuadrado e il suggerimento in profondità per Morata, entrambe opportunità per scrivere lo 0-3. L’altro Pogba significa quello che a livello internazionale ancora non era stato così determinante. Scatta il pulsante e lui non si ferma più. Diventa lui il numero 1, “offuscato” solo dal fatto che contemporaneamente il vero numero 1 Gigi Buffon si conquista il record d’imbattibilità e si comporta come un coetaneo di Paul, per esuberanza fisica ed entusiasmo. Nel derby segna su punizione (aveva già colpito così i granata in Coppa Italia), traccia la via del terzo gol per Morata a suo modo (resiste alla carica ed estrae un pallonetto delizioso), lo si vede agire sul centro-sinistra a testa alta, da regista aggiunto. Il 10, appunto. Con l’Empoli offre a Mandzukic due palloni che ricordano il genio creativo di Zinedine Zidane, del quale riproduce anche numeri assortiti in diverse zone del campo. Manifestazioni di superiorità che riesce a produrre anche nelle serate più difficili come a San Siro, quando patisce la densità che il Milan sa organizzare nella sua zona (e un po’ ovunque). Ed è lì che innesca il suo famoso cambio di passo, come nel primo tempo quando regala a Lichtsteiner il possibile vantaggio avanzando d’impeto su Montolivo, o nella ripresa quando costringe Kucka al giallo per fermarne la corsa. Poi, palo su punizione (che stia diventando uno specialista?) e gol che cita Van Basten per come fa battere la sfera sul terreno per disegnare una parabola imprendibile.

UN GIOCATORE SPECIALE – Forse è la prima volta che scrivo di calcio con un senso di “dovere civile”: io non voglio pensare che tutto questo lo si possa vivere come un’abitudine, non provando più il piacere della meraviglia. Che forse è questa la definizione normale di un giocatore speciale come Paul Pogba.

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