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2016

Dybala vale il prezzo del biglietto

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Ecco la collocazione in campo di un vero campione

Ricordate i dibattiti d’inizio stagione? Avete ancora in testa quando Massimiliano Allegri, per difendere il suo operato e per spiegare che la crisi della Juventus non dipendeva da una sola scelta, si presentava alle conferenze della vigilia delle gare con le tabelle sull’utilizzo di Paulo Dybala, con tanto di minuti che chiarivano come il nuovo acquisto stesse giocando quanto e più dei suoi partner d’attacco? Nel fuoco polemico dell’epoca c’era certamente la consueta corrente critica che vorrebbe cercare sempre un solo colpevole – l’allenatore, il che è anche ovvio – e un altrettanto solitario rimedio nel campioncino che è costato più di ogni altro negli ultimi anni. I titoli a effetto si fanno sui singoli, è sempre andato così (più o meno) e va ancor più così adesso, anche se a ben guardare in quella Juventus balbettante c’erano distrazioni difensive ben più corpose dei limiti che l’attacco stava manifestando e che stavano costando punti che si pensavano determinanti per pregiudicare la corsa scudetto e propedeutici addirittura a un’annata di pura transizione, con tanto di uscita dall’Europa che conta. Ma in quella spasmodica attesa di una decisività di Dybala c’era anche la spia di una curiosità tecnica e tattica che il ragazzo argentino aveva immediatamente acceso.

MERAVIGLIA PER GLI OCCHI – Perché che il suo sinistro potesse risultare letale lo si era percepito subito, alla prima opportunità avuta in Supercoppa aveva colpito in modo chirurgico, con una velocità d’esecuzione che faceva la fortuna dei moviolisti dell’attimo per attimo. Almeno, noi a JTV ci divertimmo alquanto a vedere come il pallone scagliato in quel Juventus-Lazio cinese fosse stato così fulmineo da avere toccato la rete nell’esatto istante in cui Marchetti aveva appena alzato le braccia per provare ad opporre una resistenza. Meraviglia per gli occhi, ripetuta (stavolta di destro) a Torino in un altro Juventus-Lazio senza storia, quello dell’altra sera che è servito a cucire sulle maglie il bianco del prossimo tricolore: il verde c’è già, per il rosso si aspetta la certezza matematica. Tecnicamente, pertanto, Dybala appariva come una possibile certezza e i due termini – ancorché apparentemente non accostabili – illustravano bene la speranza che un talento così puro trovasse comunque il modo per manifestarsi appieno, anche in un contesto difficile. In campionato, infatti, l’andamento così deficitario della squadra avrebbe anche potuto indurre a scelte di formazione diverse, ad affidarsi cioè a gente più esperta per non caricare il ragazzino di responsabilità soverchianti. In più, l’esempio di Manchester, dove si era battuto il City con una prova di grande rilevanza con la coppia Mandzukic-Morata, entrambi i gol, poteva costituire una mappa concettuale per l’immediato futuro anche per una semplice constatazione: a prescindere dai 40 milioni spesi per il bomber del Palermo, perché mai il gigante croato e il veloce spagnolo avrebbero dovuto essere considerate riserve ai nastri di partenza? Anzi, da che mondo e mondo nel calcio e nella vita il curriculum vale pur qualcosa e loro due erano stati goleador di 2 delle ultime 3 finali di Champions League. Tanto per chiarire cosa doveva aspettarsi, Dybala e tutto l’ambiente che pure se n’era innamorato subito, la classe – quando è vera – è un colpo di fulmine, ancor più quando è fulmineamente espressa da un argentino con la faccia da bambino.

LA POSIZIONE DI DYBALA – Allora la risoluzione poteva essere tattica. Anche qui c’è una consuetudine o se volete una tentazione della critica: quando le cose non vanno bene, mister faccia che mettere più attaccanti possibili e vedrà che tutto si risolverà d’incanto. Perciò perché non usare tutte le bocche da fuoco e impiegare Dybala come trequartista? In quella proposta, variamente formulata (e che si sostanzia anche di una legittima aspirazione: quand’è che il calcio italiano abbandonerà un po’ le ragioni dell’equilibrio a favore del coraggio e della spregiudicatezza?) si basava anche sull’idea che Paulo fosse un attaccante così mobile e altruista da poter interpretare benissimo quel ruolo. Allegri ricordava come a Palermo, per la verità, lui era cresciuto affermandosi come attaccante più avanzato e che – semmai – anche una seconda punta è chiamato ad agire lontano dalla porta e tra le linee. Se non è proprio un obbligo nulla vieta di farlo, a maggior ragione se lo si ha come indole, come aveva mostrato mirabilmente Carlitos Tevez, la cui assenza era naturalmente il primo vuoto che si andava a indicare. Sono trascorsi molti mesi e la conoscenza su e di Dybala si è molto approfondita. Con la piacevole sensazione – allo Juventus Stadium funziona come una corrente elettrica – che le notizie nuove intorno al suo talento non possono che arrivare, ogni volta c’è qualcosa in più e di diverso. A partire dall’allegria che lui ci mette nelle giocate, elastico com’è nei suoi movimenti palla al piede: personalmente non mi era ancora capitato, nella nostra nuova casa, di vedere un giocatore palleggiare in movimento in mezzo a quattro avversari. Pensando così di poter costruire la grande giocata coniugando istinto – immediata risposta all’ostacolo che si trova davanti – alla naturalezza nel controllo di palla, dove ha una padronanza degna dei grandissimi dell’arte pedatoria. E dire che con Pogba noi siamo ben abituati nell’invenzione di gesti tecnici…

VALE IL PREZZO DEL BIGLIETTO – Contro la Lazio, in una di quelle serate dove si percepisce da piccoli particolari che sarà magica, la riflessione sulla collocazione di Dybala è saltata (definitivamente? Non credo…). Ricordandoci che il calcio è movimento molto più della pur necessaria definizione statica dei moduli (se ne parli e pure tanto, purché si ricordi che è una situazione di partenza e che conta massimamente l’interpretazione), il numero 21 lo si è visto andare a chiudere nella propria area di rigore una delle poche ripartenze pericolose degli avversari, quando ancora si era sullo 0-0. E le tabelle ci dicono che spesso partecipa al gioco persino nella propria metà campo, ma la percentuale dei tocchi di palla è comunque quella di un attaccante vero, che gioca più del 50% in area di rigore o nei pressi. Piuttosto, a colpire è come si muove sul versante orizzontale, andando da sinistra a destra di continuo e scegliendo di volta in volta, secondo la sua sensibilità, la zona dove poter agire con maggior profitto. Se poi aggiungete 5 dribbling riusciti e 6 tiri nello specchio, con una percentuale del 100% rispetto ai tentativi, capite perché uno come lui valga il prezzo del biglietto, come si scriveva una volta per definire i campioni che fanno innamorare.

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