2018
Juventus-Napoli: la lezione di calcio di Sarri ad Allegri
Juventus-Napoli, perché per Allegri è una lezione di calcio. Sarri si gode l’espressione del suo triennio nella notte dello Stadium
Una partita che viene da lontano. Da un’idea di gioco. Che tra le due contendenti è sempre stata più chiara e riconoscibile nel Napoli di Sarri: la Juventus di Allegri ha puntato su altri fattori, costruendo i suoi successi sull’alternanza qualitativa tra calciatori di alto livello e sull’esperienza accumulata nella gestione dei vari momenti della stagione. Non sviluppando però un consolidato pensiero calcistico, come invece fatto da Maurizio Sarri nel suo triennio alla guida del Napoli: i partenopei sanno sempre cosa fare in campo, quale spartito – a livello complessivo ed individuale – recitare in ogni situazione di gioco, i bianconeri sono in tal senso meno scrupolosi, si affidano un po’ a quel che viene. Questo divario, ieri nella notte dello Stadium, è emerso in tutta la sua irruenza.
Juventus-Napoli, la partita bianconera
Ed allora accade che la Juventus, forte dei quattro punti di vantaggio (cinque con il vantaggio acquisito negli scontri diretti), imposti una gara di mera attesa: linee compatte e coese, nell’intento palesemente dichiarato di non lasciare spazi al Napoli. In altre parole: obiettivo 0-0. Che ci sta anche s’intenda, tutto sommato si resta a più quattro ed arrivederci a tutti. Il rischio insito in una riflessione del genere però è quello di inciampare in un ostacolo auto-generato: basta un episodio a scombussolare il piano originario ed a far saltare lo 0-0. Ieri è arrivato al novantesimo minuto: Benatia perde la marcatura di Koulibaly, stacco imperioso del centrale senegalese e vantaggio del Napoli. Non c’è tempo per rimediare, per trovare un’alternativa a quanto si era disegnato. A quanto spesso era riuscito, ma che non sempre può concedere i frutti sperati. Ed allora emergono in tutta la loro forza i limiti – spesso discussi – sul piano della costruzione del gioco: quando non si sa cosa fare, ed in più le gambe non girano, ed in più il morale è un po’ così, dopo i fatti di Madrid, beh… i conti non tornano. O meglio, il cerchio si chiude e porta ad un’inevitabile sconfitta.
Juventus-Napoli, la partita partenopea
Diametralmente opposto il ragionamento in casa Napoli, così come la premessa: il meno quattro impone di giocarsi il tutto per tutto, pena la rinuncia al grande sogno di inizio estate. Il patto, il patto scudetto, quello stretto da Reina e compagni per la stagione. Ma nella sostanza l’all-in non si discosta in nulla da quello che fa abitudinariamente il Napoli: giocare la sua partita. Imporre il proprio credo all’avversario, a prescindere da quel che ruota intorno. Il Napoli fa la partita, e la fa anche allo Stadium contro un avversario rinunciatario. Qualità nel palleggio, solite sovrapposizioni, consuete trame palla a terra per generare superiorità numerica: quel che manca è la brillantezza negli ultimissimi metri, come del resto accade da un pezzo a questa parte. Ed allora è il Napoli a dominare la scena, ma la produzione offensiva – seppur buona – non è al livello del predominio qualitativo e territoriale espresso. Serve un episodio, che puntualmente arriva nel finale: a premio di un merito, quello di aver trovato coraggio e personalità per presentarsi da attore protagonista nello scenario dello Juventus Stadium.
Sarri vs Allegri, è lezione di calcio?
La risposta è affermativa ma va dettagliata in alcuni punti. Il primo, quello del pregresso, lo abbiamo già trattato: il Napoli sa storicamente cosa fare in campo, minuziosamente a livello di ogni individuo, il gioco della Juventus è un’entità piuttosto astratta. Quel che però sorprende e che fa parlare in termini di portata storica è la difficoltà in cui è caduta la Juventus ieri, l’ansia mostrata in ogni scelta da prendere, la crisi d’identità, la spersonalizzazione della sua essenza. Passaggi imprecisi, rilanci sugli spalti, traversoni che trovavano il compagno più vicino ad una ventina di metri. Ci si è francamente domandati se quella in campo fosse realmente la capolista, la squadra che vince da sei anni ininterrottamente, quella che ha centrato due delle ultime tre finali di Champions League. Ed allora non tutto può essere spiegato al suo interno: la verità è che la presenza di questo Napoli ha messo a disagio una Juventus convinta comunque – alla fine – di svignarsela. Quando invece c’era da giocare a calcio: nel confronto non c’è stata storia. E per Allegri questa è una lezione: non si può sempre passare da altro. Dal valore individuale dei propri calciatori, dall’attitudine a giocare certe sfide, a lottare per determinati traguardi, dalla presunta magia nelle letture a gara in corso (con quei giocatori vuoi anche sbagliare le sostituzioni?): alle volte si deve giocare a calcio. Si deve rispondere ad un avversario che in tal senso va dritto per la propria via: ieri la Juventus si è smarrita nel campo ed ha cominciato sin da subito a liberarsi del pallone. Come fosse una sfera infuocata. Questo al Napoli non accadrebbe mai. A prescindere da come si concretizzerà l’epico duello scudetto.