2014
Juventus, Agnelli: «Cori? Domenica non abbiamo sentito niente»
Il numero uno bianconero commenta il caos sui cori discriminatori
SERIE A JUVENTUS LE PAROLE DI AGNELLI – Dopo aver preso una netta posizione la settimana prima nei confronti degli striscioni e dei cori vergognosi da parte dei tifosi della Juventus nei confronti del Torino, il presidente della società bianconera Andrea Agnelli è intervenuto nuovamente dal centro tecnico di Coverciano parlando della situazione e dei cori ai microfoni di Tuttojuve.com: «La Juventus è già stata sanzionata con la chiusura delle curve in occasione di cori che sono stati sentiti da tutti. Domenica io e i miei collaboratori non abbiamo sentito niente, invece, anche se esiste un file audio, rimango sorpreso dal fatto che, nonostante allo stadio vi siano tecnologie avanzate, non si riescano ad inviduare le poche persone responsabili». Il numero uno juventino ha anche parlato del -39 dell’Heysel esibito dalla tifoseria della Fiorentina domenica allo Juventus Stadium: «Un foglio di carta scritto da un ragazzino. Non si può dare risalto a queste cose quando allo stadio ci sono trentamile persone e fare da cassa di risonanza, altrimenti si crea uno spirito di emulazione. Si tratta di ragazzi che non sanno cosa sia l’Heysel o quanto sia accaduto a Bruxelles».
AGNELLI SULLE SITUAZIONI ENFATIZZATE – Ultima battuta di Andrea Agnelli, in carica dal 19 maggio del 2010 alla guida della società piemontese, sulle situazioni enfatizzate chiedendo aiuto al mondo dell’informazione: «Bisogna stare attenti a non enfatizzare certe situazioni, altrimenti si rischia di dare visibilità a 20-30 persone, che non la meritano. Un conto è se i cori sono evidenti: io e i miei collaboratori, ad esempio, non li abbiamo sentiti. La battaglia però è anche del mondo dell’informazione che deve valorizzare le iniziative positive: io sono andato all’Unesco a presentare il progetto Juve, ho fatto una battuta su Pogba…Il giorno dopo veniva riportata con grande enfasi solo quella battuta e nulla dell’intervento all’Unesco…Non possiamo essere noi i responsabili, deve pensarci lo stato».