2016
Vincere il girone: l’imperativo della Juve
Ristudiare l’anno scorso per diventare più forti: ecco l’imperativo della Juventus in Champions League
Ha colpito che Allegri nella conferenza di vigilia di Lazio – Juventus abbia spostato totalmente l’attenzione dai sorteggi di Champions League alla seconda giornata di campionato. Lo si poteva aspettare, certamente, perché gli allenatori sono abituati a ragionare giorno per giorno e sottovalutare l’impegno di Roma non sarebbe certamente produttivo. Ma un quasi radicale rifiuto a commentare l’esito delle urne, all’unanimità giudicato molto positivo per i bianconeri (e anche per il Napoli), significa una cosa molto precisa: il mister ha capito che si stanno dando troppe cose per scontate e vuole che la testa non sia concentrata su quella che lo stesso Gigi Buffon ha detto che non deve diventare un’ossessione (lo è già troppo per noi tifosi, è bene che i giocatori la allontanino nei pensieri).
C’è un esatto punto di confluenza tra l’aspirazione dell’ambiente a tornare a grandi livelli europei in modo stabile e la possibilità che l’obiettivo si possa realizzare in virtù della forza dell’organico e segnatamente dei nuovi grandi acquisti fatti. Ed è esattamente il primo step che la Juventus deve porsi nel cammino europeo: vincere il girone e farlo con sicurezza. Non è il caso di scomodare l’ormai antico precedente dell’ultima Champions vinta, quando l’esplosione di un Del Piero ventenne e l’esplosività di una squadra splendidamente forgiata da Marcello Lippi portarono la Juve a chiudere i conti con 4 vittorie consecutive, tutte peraltro assolutamente nette, con vittime come Borussia Dortmund, Steaua Bucarest e Rangers Glasgow (come lo definiremmo oggi un girone così composto? Eppure, in quella coppa, era la Juventus la vera “novità”, tornata a partecipare alla principale manifestazione europea dopo un digiuno lunghissimo). Piuttosto, bisogna ricordarsi (mi verrebbe da appesantire il concetto: “ristudiare”) l’andamento della scorsa stagione. Lì c’è il principale luogo della riflessione che dovrà impegnare Allegri, perché la Juve si è presentata con l’energia e gli insegnamenti di un percorso quale quello che l’aveva portata a Berlino. Ma ancor più, ad arricchire l’identità della Juve di quel momento, erano state le brillantissime prove delle prime due giornate. Vincere sul campo del Manchester City non è facile, passando in svantaggio nella ripresa e riuscendo a capovolgere il risultato con autorevolezza e qualità offensiva. Sconfiggere 2-0 il Siviglia in casa e non concedere neanche una conclusione è sembrato ancor più un punto d’approdo, una sorta di grandezza acquisita. Per questo, al di là della beffa del ritorno con la conseguente perdita del primo posto, la partita che più va ripensata è lo 0-0 casalingo con il Borussia Moenchengladbach. Nella serata dove la Juventus avrebbe dovuto confermarsi, chiudendo il girone d’andata a punteggio pieno, non andò oltre un pareggio giusto, coerente con l’andamento del match, con 90 minuti di molti sforzi e poca razionalità. Fu proprio in quella serata che si vide Paul Pogba impegnato nell’esercizio dell’assunzione di leadership. Scoprendo un carattere molto più combattivo di quel che usciva da tanti ragionamenti circolanti sul suo presunto narcisismo; sorprendendoci, però, di come non riuscisse a risultare decisivo, nonostante andasse al tiro come non mai. Se la Champions League (e i processi di crescita interni ad essa) sono fatti anche di piccoli dettagli, quello non fu dei più trascurabili e lo abbiamo pagato successivamente con una progressiva perdita di sicurezza. Anche se poi, incredibilmente, la Juve ha ritrovato se stessa, scoprendo anzi una nuova dimensione del proprio valore, proprio quando era data per irrimediabilmente perduta, durante la prima ora con il Bayern Monaco.
Nella scorsa edizione di Champions League, al di là del relativo valore dei singoli gironi, il Real Madrid ha vinto il trofeo e dopo 4 turni si era già qualificato matematicamente. Può essere banale come osservazione, ma Siviglia, Lione e Dinamo Zagabria sono un’opportunità per provare a testare una consapevolezza dei propri mezzi che la Juve di oggi può finalmente conquistare. Anche vincendo talvolta per merito di exploit di singoli, di grandi giocate di Dybala o Higuain: in Europa conta anche questo, soprattutto se è espressione di una mentalità più offensiva di quanto richieda normalmente la Serie A.