2016
Juve: Higuain e i sogni Champions League
Riflessioni sparse sulla prossima stagione bianconera con l’argentino
Gonzalo Higuain = Champions League. L’equazione è stata lanciata, tocca alla Juve avverarla. Sembra questo il senso di questi giorni mediaticamente sostenuti, com’è giusto che sia per il più grande acquisto della storia del calcio italiano. Lungi da me gettare acqua sul fuoco, la vera soddisfazione di un tifoso bianconero in questi giorni oscilla tra due sensazioni molto forti. Intanto, il piacere per l’acquisto di un campione: nessun dubbio che il nuovo numero 9 lo sia e che lo continuerà ad essere, è il primo mercato bianconero senza ombre quando prima invece si proiettavano su Pirlo, Tevez o Morata, per non dire di Dybala e dell’esborso economico a lui collegato. Tutti d’accordo, stavolta, segno che oltre ai record del Pipita c’è anche forte l’impressione che possa ulteriormente migliorare in un contesto vincente quale quello torinese. Ne abbiamo sentite tante in questi giorni sull’”arroganza” di mercato della Juve (una teoria bizzarra perché applicata solo a noi, laddove in tutta Europa chi spende è perché se lo è meritato per oculata gestione economica e risultati sportivi, da noi invece “offende” i competitors…). Ma che dire di un club come il Napoli dove il suo tecnico – tra l’altro molto bravo anche nel determinare una crescita del bomber argentino, oltre che nei risultati non banali della squadra – ha trascorso la passata stagione a teorizzare un giorno sì e l’altro pure l’impossibilità del suo club di concorrere allo scudetto per ragioni di fatturato? Per quale ragione un big qual è Higuain dovrebbe restare in un orizzonte così ristretto (e figurarsi poi cosa si dirà per quanto riguarda per l’appunto la Champions)?
La seconda sensazione dominante di questo periodo è l’orgoglio per il senso della realtà che in questi casi una società deve avere, laddove in altri settori è legittimo anche perderlo. In che cosa si esercita? A mio avviso, nello sguardo di lungo periodo. Che deve avere la capacità di proiettarsi molto avanti dopo avere bene analizzato cosa è successo precedentemente. Altrimenti si cade negli equivoci più incredibili, come in questi giorni dove ho letto messaggi di tifosi che dicono sostanzialmente: adesso abbiamo il dovere di vincere la coppa, se no è un fallimento. Un termine che semmai può essere applicato all’eventualità di uno scudetto non conquistato da favoriti oggettivamente (anche se io non darei nulla per scontato. Guardate la Roma della gestione Spalletti e vi rendete conto che il ritmo punti non è distante da quello di Allegri, anche se Pjanic è per loro una perdita gravissima). L’acquisto di Higuain – e più in generale tutta la campagna acquisti di questa stagione – ha un senso preciso: radicare la Juventus tra le grandi d’Europa. Io la vedo ancora una differenza economica e tecnica tra noi e le grandi di Spagna e il Bayern, così come è palese lo scarto tra il nostro campionato e i loro. La classifica cannonieri dell’ultimo decennio di Champions non mente: o Messi, o Cristiano Ronaldo. E un titolo fuori da una certa egemonia manca da un bel po’, persino in Europa League. Ma i cambiamenti di quest’estate in casa Juve hanno una direzione precisa: si deve diventare un club che vince il girone e che viene guardato dagli altri con la dovuta attenzione. In tal senso, molti tra quelli di una certa età come me accostano questi giorni a quelli del 1982 Anche allora, un nucleo azzurro fortissimo qual è oggi la BBBC e l’arrivo di stelle internazionali di prima grandezza (Boniek e Platini ieri, oggi Higuain e gli altri). Poi ci fu Atene, appunto, a ricordare quanto l’Europa sia terreno scivoloso (ai punti quella era una coppa vinta per esplicita manifestazione di dominio). Però, con quella rivoluzione in s,eno a una squadra già vincente in Italia fa 2 anni consecutivi, si avviò un ciclo che mise il club stabilmente al vertice e in poche stagioni colmò il buco in bacheca andando a prendersi tutte le coppe disponibili su piazza mondiale.
Oggi il compito è molto più difficile. Ma è possibile lottare per passare dall’essere grandi outsider (al pari dell’Atletico Madrid e sopra il Borussia Dortmund) per entrare nel cerchio dei club che vivono la Champions come il loro normale habitat dove esercitare la propria supremazia. In questo, a far sorridere (e pensare), non c’è solo il calcolo tra entrate e uscite nel parco tecnico. A contare molto sarà lo sviluppo di quell’idea di gioco – e di personalità, il termine chiave dell’anno che verrà – vista all’opera a Monaco nella prima ora. Quella, continuo a pensare, è la Juve più bella vista in Europa nel nuovo millennio (e considerando il valore dell’avversario, andrei a “intaccare” nel paragone persino qualche grande performance della gestione Lippi). Ecco, con Higuain (e ci aggiungo in questo Dani Alves e Pjanic), quel tipo di condotta non deve essere più una sorpresa, ma l’obiettivo per acquisire un’eccezionale normalità. I numeri del Pipita non sono inferiori, se non ai big della Liga che stanno su un altro pianeta. Ma rispetto ai Lewandowski e a quella specie lì, siamo finalmente in grado di esibire la stessa forza. Farlo con sicurezza e in tempi veloci, a partire dalle prime gare europee, può regalare una sicurezza che costituirà un patrimonio da spendersi più avanti. E non solo quest’anno.