2013
Juventus, Anelka: l’uomo che aveva un’idea di ricambio
“Non c’è da vergognarsi a cambiare idea ogni giorno: per cambiare idea bisogna aver idee di ricambio”. (Dino Segre)
Non ne conosco con precisione la ragione, ma ci sono personaggi che catturano la mia attenzione come il crimine cattura Fabrizio Corona.
Ho provato a dare una spiegazione a tutto questo ma, sinceramente, non riesco a trovarla. Non c’è niente da fare insomma: ci sono personaggi di cui devo scrivere. Lo faccio per dare sfogo alla mia vena polemica, o forse perchè, tutto sommato, l’alternativa sarebbe fare video di denuncia su Trenitalia con Barbara D’Urso.
Uno di questi personaggi è Nicolas Anelka, un tipo abbastanza particolare. “Particolare” non con l’accezione di “Hey, guarda Nicolas che tipo stravagante, ha appena mandato all’inferno il suo commissario tecnico ed ora gli altri manderanno via lui dalla nazionale a calcioni nel sedere”, ma piuttosto con l’accezzione di “Hey, guarda Nicolas che tipo strano. Ha cambiato squadre come io cambio pusher senza mai fare una piega. Di cosa si fa?”.
Anelka non si fa di niente. Niente di illegale per lo meno, presumo: è semplicemente uno spirito libero. Cambia squadra spesso perchè non gli piace restare troppo a lungo in un posto o, più probabilmente, al posto stessso non piace che Nicolas resti troppo tempo lì. Poi cambia religione perchè è la maniera più facile che forse conosce di gettarsi alle spalle il passato per vivere il presente. Questo non fa di lui un sociopatico con personalità bipolare, ma semplicemente un uomo libero, appunto. Uno di quelli che non hanno vincoli, perchè i vincoli sono le catene con cui i perdenti ammanettano la propria personalità ad un termosifone qualsiasi dell’esistenza.
Nel lontano 1999 lo voleva la Juventus. Anelka aveva 20 anni, giocava nell’Arsenal e di lui si diceva fosse un “sulk”, che scritto così può quasi sembrare un categoria di Youporn, ma in realtà significa semplicemente “broncio”. Insomma, Anelka era un imbronciato perchè voleva andarsene, e voleva andarsene perchè a Londra forse non gli davano abbastanza grana per potersi permettere un antifurto umano alla propria Ferrari (chissà, negli anni ’90 quelli satellitari non erano ancora tanto mainstream magari).
Lo voleva anche la Lazio. Parliamo di un’altra epoca, l’epoca in cui i biancocelesti buttavano soldi sul mercato per acquistare un Mendieta qualsiasi (lui sì che come antifurto umano avrebbe avuto una sua utilità): Cragnotti col suo impero di scatolette di latta di pelati dominava l’Europa e, col senno del poi, mi verrebbe da chiedere se nel calcio non erano quasi meglio le scatolette di latta di allora piuttosto che le teste di latta di oggi.
Fatto sta che, si dice, un bel giorno Anelka avesse pronunciato le frase: “La Juventus non mi interessa, la mia volontà di lasciare l’Arsenal e di andare alla Lazio è personale”. Personale, ovvero, tradotto: “Cragnotti mi dà molta più grana di Moggi“. Si dice che i bianconeri per lui avessero offerto ai “Gunners” (o forse il contrario) Henry (ed i giornali di allora parlavano di questo scambio con la stessa sufficienza con cui Sara Tommasi parla di signoraggio bancario), per un totale di 36 miliardi del vecchio conio. Vecchio sì, scemo no.
Alla fine Anelka andò al Real Madrid, la squadra della sua vita, esattamente come quelle poche in cui finì da quel momento in poi: PSG, Liverpool, Manchester City, Fenerbahce, Bolton, Chelsea e Shanghai Shenhua. C’era un momento in cui Anelka potevi ritrovartelo anche nella squadra dell’oratorio, scambiato dal prete della parrocchia per le “figu-gomme” di Volpi e Poggi (a proposito, ne avete ancora qualcuna? E’ dal ’97 che provo a finire l’album). Un momento nel quale Monica Lewinsky al suo cospetto pareva un’amante fedele e discreta.
Anelka è stato dato per finito troppe volte. Quando tornò in patria dicevano che aveva perso l’occasione di giocare in una big (il PSG dell’epoca stava a una big più o meno come Vasco Rossi sta alla sobrietà), quando finì in Turchia e quindi al Bolton pensarono tutti che non avesse più molte cartucce da sparare e una Champions l’avrebbe rivista solo alla tv.
E invece Nicolas, come tutti gli spiriti liberi, ha cambiato pelle, comportamenti, obiettivi, ambizioni, religione (adesso è musulmano e si fa chiamare Abdul-Salam Bilal, ovvero “Colui che ha cambiato più maglie di una tipa a Miss Maglietta Bagnata”) e soprattutto opinione: perchè adesso alla Juventus ci và volentieri, anche solo per 5 mesi, il bianconero evidentemente gli mancava.
Entri sul suo sito ufficiale e trovi un video che ne ripercorre la carriera con in sottofondo le rime di un rapper francese a cui confronto i Club Dogo sono essenziali ed eleganti come Enzo Miccio. Tante idee, insomma, per un solo uomo.
Perchè vedete, Anelka ha sempre avuto un’idea di ricambio: questo l’ha reso un vincente.