2017

Dubbi Juve, i quattro volti nuovi accomunati da una grande incognita

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Szczesny, Douglas Costa, De Sciglio e Bernardeschi sono ottimi elementi, che la Juve dovrà far crescere dal punto di vista della personalità, vero cruccio per tutti e quattro i nuovi innesti

Fare troppi giri di parole può diventare offensivo, soprattutto per i tifosi della Juve. Che, dopo questo primo mese e mezzo di mercato, cominciano a pensare che la rosa a disposizione di Allegri si sia indebolita. Non sono bastati quattro nuovi innesti, che presi singolarmente possono essere considerati all’altezza del blasone bianconero, per convincere l’ambiente: Szczesny, Douglas Costa, De Sciglio e Bernardeschi sono ottimi giocatori, che però hanno vissuto fasi alterne in carriera. Vivendo costantemente di alti e bassi, senza mai trovare una dimensione vera e propria. Il rischio è che la Juve, con la cessione di Bonucci al Milan, abbia perso un grande leader e la mancanza di testosterone difficilmente sarà colmata dai nuovi innesti, tutti accomunati da una preoccupante incognita: la personalità. Perché sono le fragilità dal punto di vista mentale ad aver contraddistinto i percorsi dei quattro giocatori, che alla Juve sono attesi da una prova di maturità fondamentale per il futuro.

I due volti di Szczesny e Douglas Costa

L’analisi dei tratti della personalità dei nuovi volti del mercato bianconero parte da Szczesny, preso dall’Arsenal per una cifra considerevole (quasi 15 milioni di euro). il portiere polacco dovrà permettere a Buffon un congedo dal calcio giocato sereno e tranquillo e la Juve avrà un anno a disposizione per capire che se l’ex Roma possa essere l’uomo giusto per il futuro. La carriera di Szczesny ha avuto tanti momenti contrastanti: prima Wenger stravede per lui, poi cominciano i problemi dopo i tanti errori commessi dall’estremo difensore fra Premier League e Champions League.

Il tecnico francese gli fa assaggiare il gusto amaro della panchina, prima dei due anni di prestito alla Roma. E anche qui, ecco la doppia faccia: primo anno agrodolce, secondo anno molto positivo. Per consacrarsi nella capitale ha avuto bisogno di Spalletti, che lo ha protetto in tutto e per tutto risolvendo subito il dualismo con Alisson. Ma alla Juve non avrà più nessun protettore e dovrà metterci del suo per rimanere psicologicamente imperturbabile.

L’incognita della personalità è un enorme fardello anche per Douglas Costa, l’unico vero campione che Marotta e Paratici hanno portato a Torino in queste settimane. Il brasiliano ci mette un po’ di anni ad emergere allo Shaktar Donetsk, ma alla fine grazie a Lucescu espolde a suon di dribbling ubriacanti e giocate da fenomeno. Il passaggio al Bayern Monaco diventa la grande occasione della carriera: Guardiola lo apprezza e per Pep è un titolare inamovibile, ma in Champions League non riesce a fare la differenza.

L’arrivo di Ancelotti lo condiziona e il tecnico di Reggiolo lo apprezza, ma non lo reputa indispensabile. Ma l’ultima stagione in Baviera mostra il lato oscuro di Douglas Costa nel momento in cui Ribery si ristabilisce dopo il lungo infortunio. Il ragazzo finisce per essere soffocato dalla personalità del francese, con il quale battibecca nei primi giorni di maggio, a stagione praticamente finita. Sintomo di una nevrosi che certamente lo ha messo alle strette.

De Sciglio e Bernardeschi: ora serve il salto di qualità

Il vero miracolo che la Juve dovrà fare sarà quello di restituire al calcio italiano un talento che sembra essersi smarrito. Mattia De Sciglio spera di ritrovare la serenità con il mentore Allegri, l’uomo che in gioventù è riuscito a tirargli fuori il meglio del repertorio finora ammirato. Il giocatore è ormai reduce da tre stagioni terribili al Milan: infortuni, prestazioni molto negative e le ingerenze di San Siro hanno travolto il laterale destro, che si è fatto soffocare dai tanti ostacoli che ha dovuto affrontare in questi anni.

De Sciglio ha patito il miedo escenico del Meazza e l’intransigenza dei tifosi rossoneri: doveva essere il capitano del presente e del futuro del Milan, ma è diventato un peso. Se tornerà ad essere quello visto ai tempi di Allegri la Juve potrà dirsi soddisfatta dei 12 milioni spesi, ma bisognerà spendere tempo e risorse per poter ricostruire un giocatore che si è smarrito fra le proprie insicurezze.

Il carisma è un altro tratto che non può certo essere affiancato al nome di Federico Bernardeschi. Il talento carrarino, con la Fiorentina, ha dimostrato di essere certamente forte: gol e prestazioni di alta qualità lo hanno reso un idolo della Fiesole e, considerando l’età, Bernardeschi ha già fatto molto in Serie A. Ma nei momenti chiave, quando avrebbe dovuto prendere per mano la squadra di Sousa, si è perso. Tanto che pure il tecnico portoghese, che lo ha sempre difeso, a settembre dopo la fine del mercato disse: «Federico è confuso e deve capire che cosa vuole diventare da grande».

Testimonianza di una maturità ancora in fase di completamento. La Juve, però, non è la Fiorentina e le pretese dell’ambiente bianconero sono ben diverse rispetto ad altre realtà: servono giocatori pronti, già maturi per competere su tutti i fronti. Il problema della personalità rischia di diventare gravoso. Altrimenti l’addio del leader tecnico e carismatico Bonucci rischia di essere pagato a carissimo prezzo.

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