2013
Juve, il disagio di Conte parola per parola
Viaggio negli ultimi mesi bianconeri
SERIE A CHAMPIONS LEAGUE JUVENTUS – La premessa è d’obbligo: tutti vorrebbero essere in crisi come lo è la Juve. Seconda in classifica alla pari del Napoli ed alle spalle solo di una Roma imprendibile per tutti almeno in questo avvio. Con un girone di Champions poi soltanto parzialmente compromesso: i bianconeri hanno la forza per ribaltare l’esito poco favorevole a cui vogliono condurla i suoi detrattori.
IL CONTE PENSIERO – Eppure, eppure. Eppure parliamo di un’estate dai contorni davvero illeggibili, quasi scherzosi a voler analizzare a freddo le diverse manifestazioni di intolleranza suggerite dal tecnico alla società. Per vie contorte magari, mai foriere di un infruttifero scontro pubblico, ma chiare e lampanti come il carattere di un uomo che avrà pure i suoi difetti ma che non si tiene nulla dentro. Ecco la prima calma sfuriata, quando in piena campagna acquisti scelse di dichiarare (o meglio urlare) in mondovisione di non aver in nessun modo avallato le cessioni di Giaccherini e Matri, ritenuti dallo stesso Conte uomini chiave dei successi appena conseguiti. Poi ridendo addirittura al quesito postogli sull’eventuale ulteriore cessione di Fabio Quagliarella. Non se la prendano Matri e Giaccherini, ma allora furono un pretesto: anzi, il pretesto per scuotere la dirigenza ed indurla ad affondare sui necessari rinforzi per puntare alla tanto agognata affermazione europea dopo aver centrato i due titoli nazionali.
GLI ESTERNI D’ATTACCO – Prima “Non ho avallato alcuna cessione”, poi “Se ho un solo esterno offensivo ed è l’infortunato Pepe come posso proporre qualcosa di diverso?”. Questo il pensiero di un grande allenatore come Antonio Conte. Ok, voi parlate di cambiamenti di un modulo peraltro affermatosi vincente senza valutare le disponibilità di un organico in tal senso assolutamente scoperto. Non sono arrivati esterni, secondo il Conte pensiero, né magari un trequartista puro (alla Diamanti?) che avesse consentito di provare un 4-3-1-2 senza la necessità di adattare calciatori in ruoli che non gli appartengono per caratteristiche fisiche o tecniche. Da qui l’insistenza su un impianto tattico che ha funzionato e funziona, e la sperimentazione da troppi ritenuta tardiva in quel di Madrid che a modo suo ha funzionato e può funzionare. Da qui, soprattutto però, qualche eventuale differenza di vedute con l’operato della dirigenza.
IL QUINTO A SINISTRA – Questione mai nascosta ma esplosa con dirompenza nel post Fiorentina-Juventus: quando a Conte venivano mostrate le immagini del terzo e quarto gol viola lo stesso non nascondeva un certo malumore legato all’assenza di un interprete di ruolo sulla corsia mancina di centrocampo. “Manca qualcuno lì e di conseguenza subiamo gol strani”, ogni riferimento allo Zuniga o al Kolarov di turno (non) è puramente casuale. Il tutto porta inevitabilmente a pensare: si è rotto, o meglio incrinato, qualcosa nei rapporti tra guida tecnica e dirigenza? O tra guida tecnica e proprietà? Impossibile affermarlo oltre ogni ragionevole dubbio per chi è solo osservatore di quanto asserito e non diretto interessato. Ma non è impossibile invece tracciare una tendenza: dopo due anni di successi solitamente deve arrivare un aggiornamento degli obiettivi per mantenere elevato il livello della tensione agonistica. E la campagna acquisti probabilmente non ha convinto in pieno né sul tentativo di superarsi in Europa né su quello – terreno che crea apprensione – di difendersi con forza dal ritorno di concorrenti italiane ora più strutturate. Tutto (sembra poco?) qui. Senza drammi (la Juve è seconda in campionato e viva in Champions) ma con qualche piccola prima crepa.