La Juve compie 120 anni: i cinque aneddoti in bianconero che nessuno ricorda - Calcio News 24
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2017

La Juve compie 120 anni: i cinque aneddoti in bianconero che nessuno ricorda

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La Juventus compie oggi 120 anni: ecco i cinque aneddoti della lunga storia bianconera che nessuno ricorda

Una storia ricca di immense gioie e cocenti delusioni. Una storia esaltata da trofei sollevati al cielo e trafitta da tragedie custodite nella memoria. Una storia che oggi compie la cifra tonda di 120 anni. Una storia mai banale, quella della Juventus. La più amata e al contempo la più odiata. La più criticata e insieme la più invidiata. Per celebrare la ricorrenza dal quel lontano 1° novembre 1897, quando un manipolo di studenti del Liceo Massimo D’Azeglio fondò la società bianconera su una panchina di Corso Re Umberto, andiamo alla scoperta di cinque aneddoti nascosti. Perché si tratta di una storia tra le più conosciute al mondo, ma sempre con qualche pagina nuova da scoprire…

Pietro Magni, il “jolly” ante litteram

Una delle tipologie di giocatore più apprezzata dagli allenatori è quella del cosiddetto “jolly”, un elemento in grado di andare a sopperire di volta in volta alle lacune in formazione. In quale ruolo, poi, poco importa. Se oggi Florenzi a Roma rappresenta un fulgido esempio di questa etichetta, negli Anni Quaranta in bianconero c’è chi fece anche meglio. L’eclettico calciatore in questione è Pietro Magni, 106 presenze con la Vecchia Signora tra il 1942 ed il 1948. Con una straordinaria ed irripetibile peculiarità: nel corso della sua carriera alla Juventus, infatti, indossò tutti i numeri di maglia attribuiti all’epoca ai giocatori di movimento. Dal 2 all’11, dunque, in un contesto storico nel quale la casacca sulle spalle era legata a doppio filo al ruolo occupato in campo. E lui agì ovunque: dal terzino destro fino alla prima punta.

Karl Hansen e il primo caso di gol-no gol della storia del calcio

Se al giorno d’oggi la tecnologia è intervenuta a supporto dei direttori di gara, in passato ogni decisione spettava insindacabilmente agli occhi dell’arbitro. A partire da quella massima per il gioco del calcio: la convalida di una rete. Ed è così che, ben prima del celebre episodio che vide suo malgrado coinvolto Hurst nella finale dei Mondiali del 1966, la Juventus fu protagonista del primo diverbio per un gol-no gol della storia. Correva l’anno 1952, ed il 5 aprile al Comunale di Torino era di scena Juventus-Sampdoria. Una partita durante la quale il bianconero Karl Hansen, al termine di un contropiede orchestrato dal compagno Vivolo, scagliò dal limite dell’area un bolide in fondo al sacco. Ma la rete della porta era usurata e sgualcita, a tal punto che la potente conclusione la bucò senza difficoltà. Un particolare che non sfuggì a nessuno in campo, ad eccezione… del direttore di gara Pieri. Che inspiegabilmente si rifiutò di verificare lo squarcio nella rete, zittì le proteste dei bianconeri ed ordinò la rimessa da fondo campo. Dando vita, così, ad un episodio senza precedenti.

Stagione 1912/1913, retrocessione e… ripescaggio

Calciopoli ha segnato la pagina probabilmente più buia della società bianconera, con la retrocessione in Serie B stabilita dalla giustizia sportiva. Un verdetto che in campo la Juventus, in oltre 100 anni di storia, non aveva mai patito. Anche se… c’è un precedente agli albori del campionato italiano che mette in discussione questo primato condiviso con l’Inter. La stagione in causa è quella 1912/1913, con il campionato unico abolito e la disputa di gironi interregionali dai quali sarebbero poi uscite le finaliste della manifestazione. In quell’anno i bianconeri vinsero una partita soltanto chiudendo mestamente all’ultimo posto del Girone Ligure-Piemontese, proprio nella stagione in cui venne introdotta la retrocessione in Promozione per il fanalino di coda. Nel Girone Lombardo-Ligure, però, a fine stagione Lambro ed Unitas decisero di fondersi liberando un posto nel raggruppamento, che la Federazione assegnò all’ultima classificata Racing Libertas ripescandola. Vedendosi poi costretta, per uniformità di decisione, a fare altrettanto con le altre squadre che quell’estate sarebbero dovute retrocedere: il Modena e, appunto, la Juventus.

Ferenc Hirzer, il più letale attaccante di sempre

Se nel 2015 gli appassionati di tutto il mondo si sono stropicciati gli occhi di fronte alle cinque reti messe a segno da Lewandowski contro il Wolfsburg, figurarsi cosa avrebbero fatto davanti al più letale attaccante della storia della Juventus. Non stiamo parlando di Charles o di Sivori, di Del Piero o di Trezeguet. Ma dell’ungherese Ferenc Hirzer, che il presidente Edoardo Agnelli andò ad acquistare addirittura in Cecoslovacchia. Il prolifico avanti non tardò comunque a sdebitarsi: in occasione di Juventus-Mantova del 20 giugno 1926, infatti, Hirzer realizzò la bellezza di cinque reti in appena sette minuti di gioco, tra il 33′ ed il 39′ del primo tempo. Un dato clamoroso, a maggior ragione per il fatto che – come riportano le cronache del tempo – l’aitante magiaro era solito mettersi un pettine nel taschino prima della partita così da potersi sistemare i capelli tra un’azione e l’altra. Hirzer concluse quella stagione con 35 gol realizzati in appena 26 partite, con una media di fatto difficilmente ripetibile. Per un record destinato a rimanere scolpito nella pietra della storia.

Luisito Monti e la nascita del “silenzio stampa”

Nell’epoca degli sfoghi di Mourinho e della bocca cucita di Sarri prima delle partite, il rapporto tra addetti ai lavori e giornalisti sovente è complicato. Ma, nella storia del calcio, non si tratta certo di una novità. Luisito Monti arrivò a Torino da nuovo giocatore della Juventus nel 1931, tre anni dopo aver lasciato basiti gli osservatori europei nel corso delle Olimpiadi di Amsterdam. Nel frattempo, però, in patria aveva abbandonato la strada del calcio, per abbracciare quella del pastaio in un sobborgo di Buenos Aires. Così alla stampa che lo attendeva in stazione si presentò trasandato e sovrappeso, scatenando l’ilarità dei giornali che nei giorni successivi lo massacrarono. La sua esperienza in bianconero ebbe comunque modo di decollare in virtù di qualità tecniche ed atletiche fuori dalla norma, ma Monti non dimenticò mai quella accoglienza. E durante le otto stagioni trascorse alla Juventus non rilasciò mai una dichiarazione agli inviati dei quotidiani che quotidianamente lo tallonavano, dando di fatto vita al primo caso di “silenzio stampa” nella storia del calcio italiano.

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