Le scelte di formazione di Gian Piero Ventura fanno storcere il naso ai più. Sono forse l’estremo tentativo del ct di salvare se stesso

Quando la logica impone delle soluzioni, l’orgoglio ne suggerisce delle altre. E non sempre è detto che la via che porta al successo sia la più scontata. Gian Piero Ventura deve aver pensato più o meno questo: consapevole che Italia-Svezia sarà lo spartiacque della sua vita, non solo sportiva, ha deciso di giocarsela fino in fondo. Mentre giornali e tifosi invocano un modulo lineare, un 4-3-3 che dia modo al giocatore più talentuoso (Insigne) di esprimersi al meglio, ecco lo scatto inatteso del ct.

Sceglie il 3-5-2, lo stesso della sconfitta dell’andata. E rispolvera interpreti che mai sono stati prime donne, al massimo ottimi comprimari. Sceglie Jorginho, come richiesto da tutti, ma all’interno di uno schieramento che non è proprio del giocatore del Napoli. Si affida al coraggio e alle gambe di Florenzi, anche ora che il nuovo capitan Futuro della Roma non è titolare neanche in giallorosso. E poi offre la chance della vita a Gabbiadini, uno che ha sempre sofferto l’essere eternamente “vice”.

Ventura sa che vincere alla maniera degli altri non basterebbe. Né all’opinione pubblica – che lo metterebbe comunque al macello -, né ad una squadra che finirebbe per arrestarsi al primo scoglio Mondiale. Per questo, anche contro la logica, decide di rimescolare le carte. Prova a vincere con le sue idee, con le sensazioni che fanno grande un allenatore. Anche lui, che forse grande non è mai stato, stanotte ha la pretesa di esserlo, di diventarlo. Sta provando a salvare se stesso Ventura, non c’è da biasimarlo.