2009
Jorge Humberto Gomes, alias Giorgio Raggi
Jorge Humberto Gomes Nobre de Morais nasce nella città Ã? di Mindelo, nell’isola di Sà£o Vicente, arcipelago di Capo Verde, allora colonia portoghese, il 7 febbraio 1938 (anche se alcune fonti riportano il 17 febbraio).
In quel di Mindelo Humberto gioca tra le file dell’Acadèmica, filiale dell’omonima squadra portoghese di Coimbra, questo fino all’ottobre del 1955, quando, al completamento degli studi secondari al Liceo Gil Eanes, si trasferisce proprio a Coimbra, antico e rinomato centro universitario lusitano, per studiare medicina.
Sbarcato in Portogallo Humberto trova posto nel settore giovanile dell’Acadèmica di Coimbra, club storicamente legato alla vita universitaria, senza soffrire alcun problema di ambientamento, entusiasmato com’è dalla sua nuova “dotta” avventura.
Il suo debutto con le giovanili avviene nel sentitissimo derby con gli antichi rivali dell’Union di Coimbra. Il grado di difficoltà della partita non poteva essere dei più alti, ma nonostante questo metà Coimbra non fa che parlare di lui dopo la fantastica tripletta che manda in archivio l’incontro.
L’anno successivo -1956- durante la partita contro Olhanense, il Mister Cà¢ndido de Oliveira decide di concedergli un’opportunità , facendolo esordire in prima squadra. L’indimenticabile momento si rivela essere allo stesso tempo non certo uno dei più fortunati visto e considerato che quasi alla fine della partita Humberto, in uno scontro con il portiere, si procura un grave infortunio al ginocchio sinistro che lo tiene fermo per tre mesi.
Ripresosi dall’infortunio Oliveira si cautela e decide di lasciarlo maturare ancora un po’ con la squadra primavera prima di riportarlo a giocare con i “grandi”. La sua carriera in prima squadra inizia, quindi, nel 1957, proprio nel periodo in cui, a detta di alcuni, “A Briosa” praticava il miglior calcio in Portogallo.
A Coimbra resta per sei stagioni, mettendo in mostra non comuni doti tecniche, ottime capacità di smarcamento e di selezione delle conclusioni, il tutto unito al una sorprendente velocità . Un mix che gli schiude le porte della nazionale del Portogallo, seppure della rappresentativa B, con la quale bagna il suo esordio contro la Francia con un’altra memorabile tripletta.
Nel 1962, molto prima di Rui Barros, Humberto diventa il primo calciatore portoghese a giocare nel campionato italiano, il secondo in assoluto a giocare all’estero. Dopo un periodo di trattative ma soprattutto di dubbi, visto e considerato che non è proprio convintissimo di lasciare gli studi per intraprendere la strada del professionismo calcistico, a 23 anni Jorge Humberto Gomes, infatti, passa dall’Acadèmica de Coimbra all’Inter di Angelo Moratti.
Le resistenze del titubante giovanotto cadono anche di fronte al ricco contratto firmato, grazie al quale Humberto non solo regala una casa a Londra e una in Capo Verde alla sua famiglia, ma soprattutto può permettersi di pagare una complicata e costosa operazione alla quale doveva sottoporsi la sorella.
Raggiunto l’accordo con la società e con il giocatore il problema da superare per la dirigenza interista diventa quello del limite al tesseramento di calciatori stranieri. Nell’estate del 1961, infatti, il campionato italiano riapre al doppio straniero per squadra, in aggiunta a un “oriundo”, cioè a un figlio di italiani. Quelli dell’Inter già avevano preso l’inglese Gerry Hitchens e si erano poi svenati per Luis Suarez, fuoriclasse del Barcellona, voluto fortemente da Herrera.
Il posto rimasto era solo quello per l’oriundo, per cui Humberto per poter giocare “doveva” essere oriundo. L’escamotage lo si “inventa” subito. Dai documenti del portoghese risulta che lo stesso è figlio di padre ignoto. Un dettaglio niente affatto toccante, anzi, una vera manna, per chi vi intravede la possibilità di “italianizzarlo”. Il ragazzo è da poco in Italia quando, il 24 agosto, i giornali pubblicano la clamorosa notizia: si è trovato il padre di Humberto, il giocatore verrà presto “italianizzato” diventando oriundo a tutti gli effetti. Il padre italiano era tale Vittorio Raggi, residente a Milano, che dichiarò davanti a un notaio che Jorge Humberto Gomes era suo figlio, nato il 7 febbraio 1938 a Cormax de Barlavento de Capo Verde da Maria Antonia Gomes.
Humberto diventa cosìÃ? cittadino italiano a tutti gli effetti e aspirante calcisticamente alla qualifica di oriundo, con il nome di Giorgio Raggi. Tutto regolare? Assolutamente sì.
Il “Calcio e Ciclismo Illustrato”, storica rivista sportiva, così commenta la notizia dell’italianizzazione di Humberto: Ã?«L’attaccante portoghese la cui paternità era ignota ha avuto una crisi di sconforto all’annuncio probabilmente imprevisto della notizia. Prima con i nonni, ora con il padre. I confini della spregiudicatezza sono sempre più distintevolmente violati dal calcio italianoÃ?».
Nota stonata, se ve ne può essere una soltanto, di questa grottesca tragicommedia, è stato l’impatto mediatico che la stessa ebbe sul giovane capoverdiano, anzi portoghese, anzi italiano (sic!), il quale dichiara subito di sentirsi imbarazzato e ingannato, perchè gli era stato detto che tutto sarebbe stato fatto in segreto, nulla più di una formalità burocratica.
Il “Corriere Lombardo” non si lascia sfuggire l’occasione per ironizzare sulla situazione: Ã?«Il Portogallo da nord a sud, ride del “padre” di HumbertoÃ?», alludendo, finemente, che dietro la tradiva decisione del signor Raggi di riconoscere il (presunto) figlio vi fosse lo zampino di Herrera.
La sua prima partita con l’Inter è datata 11 ottobre 1961, quando la Beneamata incontra il Colonia nel match di ritorno dei sedicesimi di Coppa delle Fiere. Dopo i canonici due incontri, però, c’è bisogno dello spareggio per decretare chi dovrà accedere al turno successivo. Così qualche giorno dopo a Milano, Inter e Colonia si ritrovano nuovamente avversarie. Humberto, schierato questa volta tra i titolari nel tridente d’attacco con Suarez e Corso, è protagonista assoluto della partita, realizzando una roboante tripletta nel 5-3 che stende i tedeschi.
L’Inter cederà poi al Valencia, futuro campione, nei quarti di finale del torneo, nel quale Humberto, travestito da campione, racimola 5 presenze e, incredibile a dirsi, 5 reti!
In campionato, invece, è tutta un’altra musica! Herrera lo fa giocare solo 2 volte, il tempo sufficiente per far comprendere all’ambiente nerazzurro, del resto lui già da tempo ne era cosciente, che Humberto non era un campione, ma solo una mezza figura.
Il club di Moratti chiude la stagione al secondo posto, dietro la corazza Milan, guidata da Nereo Rocco, che poteva contare su fior di campioni: Maldini, Trapattoni, il bizzoso Jimmy Greaves, capace, prima di fare le valige, di segnare 9 reti in 10 partite, il metronomo Dino Sani, sostituto proprio dell’inglese, un giovanissimo Rivera, Altafini che con 22 reti vince la speciale classifica dei bomber, e finanche il vecchio Ghiggia.
Un passo alla volta, però, Helenio Herrera avvicina l’Inter allo scudetto, dopo il terzo posto dell’esordio, facendo praticamente a meno, considerato l’apporto di Humberto (pari a zero), del “suo” oriundo.
Un anno dopo l’arrivo di Humberto, nell’estate 1962, nella sua autobiografia pubblicata a Barcellona dal significativo titolo di “Yo” (Io), Helenio Herrera si esibisce in questo strepitoso, quanto inverosimile, racconto: Ã?«L’Inter aveva soltanto diritto a tesserare un oriundo. Si diede il caso, insolito, che parlando io a Barcellona con alcuni amici di un nazionale portoghese chiamato Humberto, fosse presente un signore italiano che manifestò grande interesse per il giocatore in questione. Quando seppe che Humberto era nato a Capo Verde, colonia portoghese dell’Africa del Sud, il suo interesse crebbe. E il giorno seguente mi venne incontro per dirmi: “Io sono il padre di quel giocatore!”. In realtà , io gli avevo fornito tutti i dettagli riguardanti il giovane calciatore portoghese: nome della madre, data di nascita, ecc. Tutto coincideva. Quell’uomo aveva vissuto nelle isole del Capo Verde e sapeva di aver là avuto un figlio, che mai aveva potuto conoscere. Così, dunque, la sorte mi venne in aiuto una volta di più e Humberto, le cui migliori qualità sono la velocità , la grinta e il tiro con entrambi i piedi, entrò a far parte dell’Inter, come figlio di padre italianoÃ?».
Proprio quando Herrera scrive di Humberto nella sua autobiografia, l’attaccante portoghese passa in comproprietà al Vicenza, allora Lanerossi Vicenza, società specializzata nel “riciclaggio” dei campioni (ormai) senza valore. Peccato che il giochino quell’anno funzioni con Vinicio, che campione lo è (stato), ma non con Humberto.
Il misterioso attaccante resta a Vicenza per due stagioni, dove gioca come spalla del bomber brasiliano, appena richiamato dai dirigenti vicentini dopo il suo prematuro ritorno in Brasile.
Il primo anno si contende con Giovanni Vastola il posto nell’undici titolare e chiude tutto sommato una discreta stagione con 17 presenze e 4 reti, di cui una addirittura alla Juventus. La stagione seguente, campionato 1963-64, mentre la squadra raggiunge un meritatissimo sesto posto finale, trascinato delle 17 reti del vecchio intramontabile “Lione”, Humberto scivola sempre più nell’anonimato, giocando appena 8 partite condite da un solo gol, quello al Mantova di Dino Zoff. E dire che i biancorossi lo avevano pure riscattato dall’Inter per 30 milioni di lire!
Così, prima ancora del termine della stagione, durante la quale era riuscito a completare gli studi, avendo avuto l’occasione di frequentare le aule universitarie di Milano prima e Padova poi, chiede di essere ceduto, accettando di far ritorno a Coimbra.
Chiude con il calcio in seguito ad un grave infortunio al ginocchio destro, il quale, però, non gli preclude di realizzarsi come medico pediatra. Smessi i panni del calciatore, Humberto, infatti, fatta eccezione per una piccola parentesi sulla panchina dell’Acadèmica, nel 1972, ha indossato il camice da medico, forse la sua vera e unica passione, realizzando una sfolgorante carriera professionale, prima in Portogallo, dove ha contribuito a fondare l’Ospedale pediatrico di Coimbra e poi dall’altra parte del mondo, a Macao, dove tra le altre cose ha collaborato a riformare i servizi medico-pediatrici dell’Ospedale Generale.
Jorge Humberto Gomes, alias Giorgio Raggi, non ha lasciato traccia nel nostro calcio, se non sui rotocalchi per la sua inverosimile vicenda, la quale creò un pizzico di imbarazzo, tra gli altri, finanche a Franco Panini, che nel suo famoso album di figurine sotto l’immagine di Humberto fece scrivere tra parentesi “Giorgio Raggi”, il suo nome da italiano.
Molti anni dopo quelli dell’Inter ci ricascheranno, il passaporto da “regolarizzare” stavolta era quello di un giovane uruguagio, tale Recoba àlvaro. Ma questa è un’altra storia.