2017
Italia, il nuovo Pirlo non è Verratti né Insigne
Italia, dietro l’angolo l’incubo di un dramma sportivo: qualificazione al prossimo Mondiale complicata dal passo falso in Svezia, ecco l’analisi della notte di Solna
L’Italia di Ventura cade in Svezia e mette a repentaglio l’accesso a Russia 2018: il risultato è di quelli davvero negativi, l’1-0 mette all’angolo la nazionale italiana, che non solo ha rimediato un’evitabile sconfitta ma lo ha fatto senza trovare il gol. Ragion per cui un’eventuale segnatura svedese – lunedì nella gara di ritorno che si disputerà nello scenario di San Siro – costringerebbe gli azzurri a realizzare tre reti. Che di questi tempi, dalle nostre parti, non risultano essere propriamente in abbondanza. Il fallimento in questo caso porterebbe in dote un vero disastro per le sorti del nostro movimento calcistico: la mancata partecipazione ad un Mondiale di una nazionale quotata e dal prestigio storico che spetta riconoscere all’Italia è qualcosa che sostanzialmente si commenta da sé.
Svezia-Italia, una prestazione men che mediocre
Già l’impostazione della gara da parte di Gian Piero Ventura lascia ampiamente riflettere: la scelta è stata quella di cercare gli attaccanti spesso e volentieri con palloni alti, in assenza di idee e risoluzioni più valide. Il risultato, contro difensori di grande presenza, è piuttosto scontato: la Svezia ha tenuto senza troppi affanni. Quando invece appariva più opportuno, considerata la stazza ma anche la simultanea lentezza dei centrali svedesi, puntarli sul breve con attaccanti dalle caratteristiche differenti. A maggior ragione tenuto conto del carattere della gara, in trasferta contro una nazionale che ha costruito le sue fortune sul rendimento interno. Nulla di tutto ciò: Immobile e Belotti, peraltro nessuno dei due al meglio delle rispettive condizioni, sono andati a sbattere contro il muro avversario fino a rendersi inoperosi. Il resto lo ha fatto il nervosismo generale figlio di un impianto provocatorio in cui interpreti di grande esperienza quali Bonucci, Chiellini e De Rossi sono sistematicamente cascati: non era un mistero che la Svezia l’avrebbe posta su quel piano, l’Italia però ci è caduta con tutte le scarpe e lo ha fatto proprio con i suoi uomini più rappresentativi.
L’ennesimo flop dell’erede Verratti
Senza giri di parole: ma quale erede di Pirlo. Smettiamola di accostare calciatori normali ad interpreti che hanno fatto la storia del nostro calcio, di quel calcio italiano riconosciuto in tutto il pianeta. In questi anni in tanti, magari in assenza di altre argomentazioni, hanno voluto innescare paralleli che non stanno né in cielo né in terra, peraltro dipingendo un quadro che non rispondeva al reale e che tracciava un’ambizione decisamente più alta rispetto alle opportunità. L’ennesimo saggio dell’inconsistenza di Verratti in tal senso è arrivato ieri in quel di Solna, nonostante le speranze che lo stesso Andrea Pirlo – nell’immediato prepartita – aveva riposto nel centrocampista del Psg: una prestazione incolore, scialba, priva di qualsiasi accenno di personalità e leadership, macchiata da un episodio che onestamente non andrebbe consentito neanche ad un esordiente. Nel pieno del primo tempo Marco Verratti – non pressato da alcun avversario – perde un pallone innocuo nella metà campo avversaria: può accadere, poco male se finisse lì. Ed invece ecco il fallo da dietro per rimediare e l’ammonizione che, considerata la diffida che pendeva sul diretto interessato, lo costringerà a saltare la sfida di ritorno tra Italia e Svezia. Una leggerezza che non può essere in alcun modo giustificata e che delinea l’infondatezza di un quadro che troppi (erroneamente) hanno voluto descrivere.
Ma l’erede di Pirlo non è neanche Insigne
Ad un quarto d’ora dal gong della partita si verifica l’episodio che forse più di tutti gli altri descrive la confusione generale in seno all’Italia: il commissario tecnico Ventura manda in campo Lorenzo Insigne – dopo non avergli concesso una maglia da titolare ed avergli preferito Eder (non titolare nell’Inter) come prima sostituzione – al posto proprio del deludente Verratti. Fosse letto come un cambio offensivo, alla stregua di una mossa disperata, ci potrebbe anche stare: ci si gioca il tutto per tutto e si prova a rimediare al disastro con quel che è rimasto. Il problema è altrove: Insigne entra in campo al posto di Verratti nel ruolo di Verratti. Centrale, lì a legare i comparti di campo, in una mansione che – neanche a dirlo – non ha mai ricoperto in carriera. Ma neanche lontanamente. La sensazione generale racconta tutto: volti persi che si guardano e si chiedono cosa stia accadendo. Il diretto interessato in primis, che cerca di spiegare ai compagni come non sia improvvisamente impazzito ma che stia giocando nel mezzo per ordini ricevuti dall’alto. Ed allora la disperazione è quella vera, umana, di un allenatore che sta toccando con mano quel che sta accadendo. Con tutte le conseguenze descritte. Si passa dall’aspetto sportivo a quello umano, in una foto in cui dentro ci va un po’ tutto, la disperazione sì ma non soltanto di carattere sportivo a quel punto. Incrociamo le dita, mancano novanta minuti e per nostra fortuna non tutto è perduto.
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