2016

Pjanic: «Conte? Affrontarlo è un incubo»

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«Totti è il Dio di Roma. Juventus? Nuovo step, voglio vincere»

Lunga intervista di Miralem Pjanic ai microfoni di So Foot. Il centrocampista della Juventus ha parlato del suo addio alla Roma, del rapporto con Francesco Totti e del calcio italiano. Ma ha cominciato parlando degli Europei 2016 e della sua Bosnia: «Le squadre che ci sono arrivate sono quelle che lo hanno meritato. Abbiamo attraversato un periodo di transizione, abbiamo cambiato allenatore e giocato molto male contro l’Irlanda. E’ un peccato, perché la nostra squadra poteva fare qualcosa di interessante e perché abbiamo giocatori di talento e del livello giusto per essere lì. Seguo le partite importanti, è dura senza calcio per me… Non posso lasciarlo completamente e poi ho tanti amici che giocano in questa competizione e quindi li sostengo. Tifo per il mio amico Radja (Nainggolan, ndr) e mi piace anche la Francia».

GLI AZZURRI – Attenzione particolare l’ha poi riservata all’Italia di Antonio Conte: «E’ una grande squadra, forte. Se il Belgio, che ha molti talenti in attacco, non è riuscito a mettere in difficoltà l’Italia è perché gli azzurri possono andare fino in fondo, così si vincono le competizioni. Sono difficili da affrontare e Conte sa quello che fa, il suo blocco lascia pochi spazi agli avversari. Quando con la Roma ho affrontato la sua Juventus è stata dura, è un grande allenatore. E’ difficile affrontare l’Italia perché lascia pochi spazi a centrocampo, non ti fanno sfondare le linee, trovare gli spazi. E’ un incubo. Sembrerà stupido, ma bisogna segnare prima di loro: se riesci a farlo, ti faciliti il compito. Bisogna avere pazienza per affrontarli».

TATTICA E DIVERTIMENTO – Pjanic ha raccontato poi l’esperienza nel calcio italiano, spiegando cosa ha imparato: «In Italia ho imparato il concetto di posizionamento della squadra, ma molto dipende dall’allenatore che hai. In Italia anche le squadre più deboli hanno una buona conoscenza organizzativa e di posizionamento, quindi sanno metterti in difficoltà pur essendo meno forti. Il baricentro si abbassa, chiudono gli spazi… Con la Roma avevamo tanto possesso palla, ma abbiamo perso punti perché non riuscivamo a far sbagliare alcune squadre. Quando giochi in una squadra di qualità e hai un allenatore che predilige il gioco, ti diverti comunque. Calci piazzati? Per me è questione di abitudine e fiducia. Devi sapere con quanta forza colpire la balla, dove vuoi indirizzarla, come colpirla… E’ questione di allenamento ma anche di istinto».

IL CAPITANO – Un capitolo a parte merita Francesco Totti, il Dio di Roma: «Se una divinità del calcio come lui viene da me e mi dice di voler battere un calcio di punizione, io non posso fare altro che lasciargli spazio. E’ uno per cui la gente va allo stadio, è di gran lunga il miglior giocatore con cui abbia mai giocatore. E’ stato un onore per me aver giocato con lui. Ha carisma, qualità, personalità e piedi incredibili. Per me resterà un amico e ai miei figli potrò dire di aver giocato con lui. Credo che molti piangeranno quando smetterà di giocare. Ha 39 anni ma ha i colpi di sempre. Ci sono giocatori più veloci, ma lui è il Dio di Roma. Lui è sereno e contento di quello che ha fatto. Lui non è un idolo, è quasi un Dio. Lui ha dato tanto alla Roma».

IL TRASFERIMENTO – Infine, la decisione di lasciare la Roma per passare alla Juventus: «Ho trascorso i migliori anni della mia vita a Roma, ma ho firmato per un club molto grande. Roma rimarrà per sempre nel mio cuore, ma ho deciso di fare un passo nuovo nella mia carriera dopo cinque anni. Ho 26 anni e i prossimi saranno altrettanto belli: spero di vincere, voglio vincere».

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