2017
Italia-Svezia, Sconcerti: «Siamo terrorizzati. Senza Mondiale diventiamo volgari»
Mario Sconcerti a poche ore da Italia-Svezia spiega che non conta parlare di calcio, quanto scrollarsi di dosso le paure
Messa di fronte all’incubo di non giocare il Mondiale, l’Italia si scopre impaurita, terrorizzata. Ne è convinto Mario Sconcerti che, nel suo editoriale su Il Corriere della Sera prima del match contro la Svezia, spiega lo stato d’animo di un’intera nazione. «Non siamo peggiori della Svezia, siamo solo molto spaventati. Non portare l’Italia ai Mondiali significa entrare nella storia alla rovescia, vuol dire per ogni giocatore buttare via qualunque cosa buona fatta. Ricorderebbero questa Italia anche fra cento anni. Questo giustifica le risse volute dagli svedesi. Questo fa capire perché le abbiamo prese in silenzio. Siamo terrorizzati», spiega il giornalista.
Per l’opinionista de La Domenica da Sportiva, non c’è da meravigliarsi per la situazione che stiamo vivendo: «È arrivato il momento di restituire la giusta proporzione a tutto. In fondo tutto sta andando secondo le previsioni. La vera diversità di queste qualificazioni è stato il passaggio alla fase finale di una sola squadra, prima erano quasi sempre state due, e l’Italia seconda era arrivata anche stavolta. Era previsto anche che ci fosse poco gioco, non si capisce chi avrebbe dovuto crearne uno buono, non abbiamo giocatori di qualità chiara. Era prevista anche l’inesperienza di Ventura, ognuno a 69 anni porta in Nazionale quello che ha fatto nella vita. Ventura ha fatto molte cose buone, ma poche eccezionali. La vera diversità è cominciata con il niente di tre giorni fa, nessuna idea e nessuna fatica. Ora è solo il tempo di cancellare quella partita e ricominciare nella nostra normalità, ricollocare i valori al loro posto».
Le conseguenze di un’eliminazione, però, quelle sarebbero gravissime per tutto il Paese: «Davanti a questa sofferenza vasta che sta prendendo l’intero paese, è inutile parlare di calcio. Si va a San Siro e si urla Italia. I Mondiali sono stati nel dopoguerra il nostro modo di alzare la testa, di partecipare alla corsa popolare del mondo. Non averli più ci imbruttirebbe come una bocca piena di unto, ci renderebbe volgari. Non fosse che solo per oggi, questo è il tempo di essere ottimisti».