2017

Italia-Svezia, il buco nero del 13 novembre 2017: perché Ventura è indifendibile

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Italia-Svezia del 13 novembre 2017 diventa il buco nero del nostro calcio e Ventura ha tre grandi colpe che non gli perdoneremo mai

I saggi, molto spesso, dicono che dalle grandi delusioni si costruiscono i successi di domani. Ma non è ancora il momento per essere lucidi, perché i sentimenti degli italiani sono talmente accesi che non basterebbero migliaia di squadre di pompieri per spegnere una delusione atroce. Italia-Svezia del 13 novembre 2017 rappresenta un tremendo buco nero del nostro calcio, probabilmente il più profondo, che porta dentro di sé le delusioni di una nazione intera che mai avrebbe immaginato di vivere un momento così buio. Nella doppia sfida dei playoff contro la Svezia, dal disastro di Solna al tentativo disperato di rimonta a San Siro, c’è tutta l’improvvisazione di una squadra priva di idee. Ma la serata di Milano ci lascia soprattutto la fotografia più nitida della totale inadeguatezza del commissario tecnico Gian Piero Ventura, un uomo solo, che suo malgrado ha fatto di tutto per rimanere solo.

La partita contro la Spagna a Madrid è stato l’incipit di un disastro che nemmeno gli italiani più pessimisti avrebbero mai potuto immaginare. Non è giusto condannare la sconfitta, perché gli avversari erano superiori prima ancora di scendere in campo. A Madrid però è emersa tutta la presunzione di Ventura, che si è intestardito con un 4-2-4 senza criterio, senza logica e senza un briciolo di umiltà. Da quel momento sono arrivate in serie, una dopo l’altra, prestazioni difficili da salvare sotto tutti i punti di vista. E nonostante ciò Ventura si è sempre nascosto dietro ad un bel gioco che, da settembre in avanti, non è mai esistito. Gli alibi degli ultimi due mesi saranno difficili da digerire, anche a distanza di anni.

Poi c’è l’arroganza, anche quella impossibile da dimenticare. Ventura ha battuto la strada degli stage e nel suo cammino ha anche trovato il coraggio di sminuire il lavoro dei predecessori Prandelli e Conte, quando disse: «Loro stavano tre minuti coi club, facevano due foto e se ne andavano, io ci ho lavorato giorno e notte». Quelle frasi di giugno oggi appaiono come l’apice di un fallimento non solo tecnico, non solo tattico, ma anche comunicativo. Anche perché Conte, con meno materiale rispetto a quello che ha avuto Ventura nell’ultimo anno e mezzo, è riuscito a confezionare un europeo miracoloso. Ed è per questa ragione che il grande artefice di quella spedizione in Francia avrebbe meritato molto, ma molto più rispetto.

L’ultimo tasto dolente per il quale gli italiani non perdoneranno mai Ventura riguarda le mancate dimissioni al fischio finale di Italia-Svezia. Che, dopo la qualificazione fallita miseramente ai Mondiali in Russia, rappresentavano un atto dovuto. Gli errori si commettono, perché solo chi non fa non sbaglia mai, ma è anche giusto riconoscere di non essere stato all’altezza della nazionale. Cosa che Ventura non ha fatto, mantenendo un atteggiamento presuntuoso oltremisura anche dopo l’amarezza di San Siro. Ed è soprattutto per questo motivo che l’Italia farà tanta fatica a stare dalla parte di un commissario tecnico che ha dimostrato di essere inadeguato, ma anche maledettamente sfrontato.

 

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