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Italia, Sconcerti: «Sarà la nostra sorpresa a renderci forti»

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Il giornalista Mario Sconcerti ha detto la sua in vista di Irlanda del Nord-Italia

Il giornalista Mario Sconcerti, sulle pagine del Corriere della Sera, ha detto la sua in vista del fondamentale match di questa sera dell’Italia contro l’Irlanda del Nord.

SORPRESA – «Siamo in una piena situazione pirandelliana, è chiaro dove siamo ma non chi siamo. C’è una verità che manca ma non sappiamo quale sia davvero né se sia mai esistita. Direi che in generale questa grande sorpresa sul nostro nuovo modo di essere glorifica tutto quello che abbiamo già fatto. Siamo campioni di una cosa grande, l’abbiamo conquistata noi, ma è labile come una serratura in mondo di ladri, dura pochi giorni, poi è di tutti. Oggi è la nostra sorpresa a renderci forti. Con la Svezia fummo eliminati dai Mondiali quasi naturalmente, oggi c’è grande stupore perfino nell’essere in dubbio davanti all’ultima partita. Perché abbiamo diritti, non veniamo da lontano. Siamo stati i primi appena quattro mesi fa. Bene. È possibile che prima dimentichiamo l’evenienza e prima ci qualificheremo ai Mondiali.

Il calcio è pieno di storie come la nostra. L’Italia campione del mondo non si qualificò per gli Europei successivi. Il calcio non ha ricordi, pretende meriti oggettivi che oggi l’Italia non ha. È interessante chiedersi perché. Non è un problema tecnico, se sei intonato lo resti. L’Italia sapeva giocare, lo ha fatto molte volte, quindi in teoria all’infinito. Non credo sia un problema psicologico, questa è una squadra di veterani, in queste partite crescono, non fuggono. Penso sia un problema fisico e di qualità naturale. Nel gergo di oggi, adesso abbiamo pochi anticorpi. Sono peggiorati quasi tutti i migliori. Non parlo di Chiesa e Insigne, che hanno il diritto di avere un andamento collinare, sono gente che vive sul difficile, non può riuscirci sempre. Parlo di vecchi professionisti solidi come Acerbi, ora dondolante come un ragazzino al primo appuntamento. Come Donnarumma, cancellato dalla sua scomposizione. Come Jorginho, arrivato quasi in silenzio in un luogo tecnico che non sapeva esistesse e si è come spaventato di essere lassù.

La condizione la vedi dai dettagli, se non ce l’hanno le seconde linee, quelli su cui conti sempre, vuol dire che anche gli altri andranno tutti sotto il livello. Detto questo c’è qualcosa che ci dobbiamo aspettare? Direi di sì. Oggi a Belfast non bisogna essere eroi per portar via la partita. Sarà forse sufficiente giocare a calcio nel suo senso biblico, cioè correre, picchiare e ricordarsi di tirare in porta, cosa che facciamo sempre più svogliatamente. La posta della gara non è identificabile, non andare ai Mondiali sarebbe una scomodità inaudita che costerebbe qualche punto di Pil a una nazione che pensa ormai al commerciale. Ma sarebbe anche un dolore personale poco sopportabile. Sappiamo di non poter pretendere niente, sappiamo che siamo come gli altri, ma per il tempo di una gara vorremmo tutto. Non datecelo, cercatelo. Siamo con voi, chiunque siate oggi».

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