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Italia Inghilterra: Chiellini leader, a vincere è il coraggio – ANALISI TATTICA

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La finale di Euro 2020 Italia Inghilterra ha consacrato gli Azzurri grazie alla leadership di Chiellini, alla carica di Chiesa e al coraggio di mantenere un calcio propositivo

L’Italia non è stata perfetta, ma – in una sequenza di rigori al limite del drammatico – ha trionfato (stra)meritatamente contro un’Inghilterra che definire deludente è dire poco. Per quanto, in questi Europei, siamo stati abituati a vedere la squadra di Southgate praticare un calcio molto attendista e sparagnino, nella gara più importante dal 1966 ad oggi hanno quasi rinunciato a proporre. Se già il passaggio alla difesa a 3 lasciava presagire un piano gara rinunciatario, il gol di Shaw dopo pochi secondi ha condizionato ulteriormente il match.

Segnando al primo tiro in porta, l’Inghilterra ha confermato quel cinismo che l’ha contraddistinta in un Euro 2020 nel quale è riuscita a capitalizzare al massimo gli episodi.  L’avvio di match, decisamente di marca inglese, ha enfatizzato alcune problematiche tattiche azzurre: oltre ai movimenti a venire incontro di Kane che creavano sempre grande scompiglio, l’Italia sbagliava continuamente le uscite sui quinti di Southgate (Trippier e Shaw). Chiesa e Insigne erano costantemente in ritardo, con Emerson e Di Lorenzo in grande difficoltà e senza supporto.

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Due esempi nelle slide sopra. Nella prima, Kane viene incontro come al solito, salta l’avversario ed effettua un minuzioso cambio di campo verso Trippier, il quale può puntare un Emerson attratto da Mount. Nell seconda, Chiesa è nella terra di nessuno: Di Lorenzo esce su Shaw, con Mount che attacca lo spazio dietro.

L’Inghilterra ha però presto abbassato il baricentro, schiacciandosi con un 5-4-1 in cui Sterling e Mount facevano gli esterni in una posizione molto arretrata. I “Tre Leoni” non sono praticamente più riusciti a ripartire, rinunciando a proporre contro un’Italia che ha dominato il possesso ed attaccato costantemente. Nei primi 45′, gli azzurri faticavano però a rendersi pericolosi: la circolazione era troppo lenta e prevedibile contro un’Inghilterra che rimaneva compatta: c’erano situazioni in cui l’Italia trovava l’uomo tra le linee (di solito Insigne) ma non si creava quasi nulla di pericoloso. In parte per numerosi errori tecnici da parte delle punte (ancora una volta malissimo Immobile), in parte perché la linea non veniva attaccata. Le posizioni degli Azzurri erano troppo rigide. Forse, contro un’Inghilterra così attendista, sarebbe stato più utile alzare la posizione di Di Lorenzo (come al solito, agiva da terzino bloccato) per occupare il fronte offensivo con più uomini.

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Ancora una volta, gli unici squilli provenivano da un Chiesa che – come al solito – riusciva a creare situazioni pericolose dal nulla. Nella ripresa, gli inglesi si sono schiacciati ulteriormente, superando a stento la metà campo: nonostante l’incredibile mole di talento in panchina, Southgate non ha fatto cambi, accettando quindi l’andamento del match. Contro la superiorità tecnica di Jorginho e Verratti, gli inglesi raramente provavano a recuperare palla in avanti. L’Italia, trascinata da un Chiellini sublime in fase di riconquista, manteneva un linea altissima.

I cambi di Mancini, anche se in apparenza contro-intituivi, hanno pagato e aumentato la pericolosità. Con l’uscita di Immobile, Insigne ha agito da falso nove, con tutte le punte che si sono mosse meglio senza dare riferimenti agli avversari. L’Italia è diventata incisiva soprattutto a sinistra, con Chiesa che – spostatosi su quel lato – ha creato tante occasioni. L’esterno della Juve ruotava spesso con Emerson, il quale entrava spesso dentro al campo per lasciare l’ampiezza al compagno. Basti pensare a come è arrivato il corner del gol di Bonucci: poco dopo aver impegnato Pickford con un destro pericolosissimo, ha ricevuto palla aperto a sinistra, si è accentrato e ha messo un cross quasi perfetto per Cristante (appena entrato). Maguire si è immolato, deviando il pallone in corner, situazione che poi l’Italia è riuscita a concretizzare. In una Nazionale un po’ troppo prevedibile, Chiesa era di fatto la principale arma offensiva dell’Italia, la pedina che scardinava il sistema rivale.

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Chiesa spostato a sinistra fa al differenza. Basta servirlo, sia tra le linee che in fascia, che l’ex Fiorentina genera situazioni pericolose.

Quando l’inerzia del match sembrava totalmente a favore degli Azzurri contro un’Inghilterra stanca e confusa, l’infortunio di Chiesa e l’uscita di Insigne hanno abbassato molto il tasso tecnico. Con Belotti, Bernardeschi e Berardi, la fase di rifinitura ha perso incisività. L’Italia si è resa meno pericolosa, di conseguenza la gara si è protratta fino ai rigori. Southgate ha provato ad aumentate la pericolosità dei suoi inserendo Grealish ma – pur abbassando il baricentro nel secondo tempo supplementare – gli Azzurri hanno retto senza rischiare troppo. Anche grazie al solito enorme Giorgi Chiellini, che ha protetto alla grande l’area. La lotteria dei calci di rigore ha poi portato a un traguardo tanto sognato quanto impronosticabile, 53 anni dopo l’ultima volta.

Ha vinto senza dubbio la squadra migliore, che ha dimostrato anche – nel corso della competizione – la forza mentale di resistere in molti momenti difficili. In un Europeo pieno di formazioni sulla carta talentuose che però hanno espresso un gioco arido e povero di idee, l’Italia ha manifestato un’identità tattica fortissima, con un’armonia e una fluidità nella manovra paragonabili a una squadra di club. Gli Azzurri sono sempre stati accompagnati dalla retorica del “cuore” e della “sofferenza”, ma in questo torneo hanno dimostrato un netto cambio di paradigma rispetto al passato, con un’evidente voglia di fare un calcio propositivo e di possesso sulla stessa onda di quello che si vede nei top club.

Al contrario, nonostante una rosa sulla carta straordinaria, l’Inghilterra ha osato troppo poco nella finale con l’Italia, fallendo l’appuntamento con la storia. Steinberg ha scritto sul Guardian che la Nazionale dei Tre Leoni “è stata troppo cauta, eccessivamente lenta nel fare modifiche: si è colpevolmente limitata aa difendere l’esiguo gol di vantaggio quando l’Italia ha aumentato la pressione nel secondo tempo”. Nonostante il raggiungimento della finale sia un traguardo che mancava dai Mondiali del 1966, la povertà di contenuti visti in questa partita verrà ricordata per decenni dai tifosi inglesi. Ha, giustamente, vinto la squadra che ha proposto e osato di più.

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