2013

Inter, Ulivieri: «L’allievo Mazzarri, maniaco del calcio con un difetto»

Pubblicato

su

«E’ un martello, ma quando dirà di avere perso perché gli altri sono stati più bravi, stapperò champagne»

SERIE A INTER ULIVIERI MAZZARRI – Attraverso le colonne de “La Gazzetta dello Sport”, Renzo Ulivieri ha raccontato Walter Mazzarri: «Non è vero che deve tutto a me. A parte che in questo mestiere nessuno è allievo di qualcun altro, se Walter Mazzarri mi doveva qualcosa, gliel’ho già fatto “pagare” nell’estate del ‘90. Era appena stato mio giocatore a Modena: con lui trequartista volevo fare il 4-3-1-2, ma quell’anno era stato quasi sempre infortunato. Caviglia, un trauma cerebrale, addirittura dopo un intervento ai denti un’emorragia notturna in bocca che un altro po’ ci resta: mi toccò cambiare modulo e far giocare Nitti, quello che oggi gli fa da osservatore».

DOMANDE – L’attuale presidente dell’AIAC (Associazione Italiana Allenatori Calcio), ha poi proseguito: «L’avevo studiato, era un calciatore anomalo: ragionava calcio con lo sguardo già sulla squadra, viveva lo spogliatoio non con distacco, ma da uomo “grande”. E poi chiedeva, chiedeva, Dio bono quanto chiedeva: in pochi avevamo iniziato a giocare a zona – noi, la Lucchese di Orrico, il Carpi di Tomeazzi – e lui voleva sapere tutto su questa novità; quando gli ho detto che lo volevo trequartista, mi ha fatto domande per due giorni. Un giorno, ancora a San Vincenzo, qualche anno dopo, ci siamo messi a parlare di calcio e siamo andati avanti per 12 ore filate».

RELAZIONI – Il tecnico dell’Inter scriveva anche relazioni per Ulivieri: «Aveva già iniziato a farmi da osservatore, ai tempi di Bologna: era bravissimo, perché coglieva l’essenza delle cose e sapeva scriverla. I giornalisti nella conferenza della vigilia mi chiedevano che tipo di partita sarebbe stata e rispondevo sventolando le sue relazioni: “Chiedete a Mazzarri, decide lui come si gioca”. Per lui litigai anche, e fu l’unica volta, con Oriali: continuava a spedirlo in Argentina a vedere giocatori, ma a me serviva che andasse a studiare le nostre avversarie. Scriveva per me, ma era come se lo facesse anche per se stesso ed era meticoloso al limite del palloso, e io che calcisticamente parlando do del palloso a qualcuno è tutto dire». 

SEGNALI – Il racconto poi prosegue: «Capii che Mazzarri sarebbe stato un buon allenatore non per le relazioni che mi scriveva, ma quando accettò di fare per me il preparatore dei portieri, a Napoli: Buso non poteva seguirmi, ma gli fu buon maestro e per Walter fu importante anche quella esperienza così diversa. Il mio vice era Montefusco, ma era come se ne avessi due: io e lui parlavamo in continuazione, mi dava suggerimenti soprattutto sulla gestione dei giocatori, coglieva cose di quanto succedeva nello spogliatoio con una percezione molto particolare. Capitava di avere punti di vista diversi, certo: lui amava ragionare sulle cose, metterci del suo, non era passivo. Però i giocatori li sa conquistare, perché ha il senso del rapporto individuale, oltre che di squadra».

LA DIFESA A TRE – Ulivieri ha aggiunto: «Credo che in questo Mazzarri sia un buon psicologo, anche perché lavora molto sul rapporto, “studia” il confronto con i suoi giocatori, non ci arriva mai impreparato. Però, se devo dire se è più psicologo o più tattico, non ho dubbi: lui è un tattico esagerato, la partita la gioca anche lui, gli piace infilarcisi dentro, determinarla. E c’è un errore di fondo: è stato fatto passare per un maestro delle ripartenze, e in effetti le sue sono micidiali, soprattutto quelle medie da centrocampo, ma è riduttivo pensare che Mazzarri sia tutto qui, perché il suo calcio è fatto anche di costruzione, di manovra. E di difesa a tre, certo. Anche ultimamente gli ho detto “Ma perché non provi a passare a quattro?”. Mi ha risposto senza dubbi: ho questa sicurezza, mi serve a dare sicurezza. Ora gli manca solo una cosa: prima della fine dei miei giorni, in un’intervista dopo una sconfitta, vorrei sentirgli dire “Abbiamo perso perché gli altri sono stati più bravi di noi”. Lo so bene che lo fa per difendere la squadra, è la sua ossessione: ma quel giorno, lo giuro, stappo una bottiglia di champagne». 

Exit mobile version