INTER RANOCCHIA – Alla vigilia della sfida contro il Torino, Andrea Ranocchia ha parlato a La Stampa del match che lo vedrà affrontare la squadra di mister Ventura, che lo ha allenato ai tempi del Bari: «A Bari sono stato benissimo e questo Torino mi ricorda molto quella squadra. Non a caso il mister si è portato dietro molti giocatori. Se ha chiesto anche me? Non so se ha avuto contatti con i dirigenti nerazzurri, ma conoscendo bene la mia situazione sapeva che non era una missione facile. Il calcio di Ventura è soprattutto divertimento e spensieratezza. Mi ha insegnato a non aver paura di giocare la palla da dietro. Se lo sentirò prima della partita? Meglio di no. Lo abbraccerò quando lo incrocerò a San Siro e magari dopo se le cose sono andate bene gli manderò un sms. Le big non sono tante e nel calcio serve anche un po’ di fortuna. Peccato, perché se lo meriterebbe».

Il difensore dell’Inter ha poi provato a confrontare il tecnico granata con Andrea Stramaccioni e ha analizzato il suo momento: «Sinceramente non mi viene in mente nulla di particolare. Hanno caratteri e metodi diversi. Però la carta d’identità per un allenatore non conta. Noi giocatori non ci facciamo caso. Il mister mi ha dato fiducia. Quando è arrivato ha puntato su chi aveva più esperienza, poi le cose sono cambiate. Ha lavorato molto su di me. La crisi mi ha aiutato? È cambiato il calcio, ci sono meno soldi e quindi arrivano pochissimi top player. I giovani hanno avuto delle possibilità importanti e per fortuna i dirigenti hanno cambiato mentalità. Su chi punterei in difesa? Su Juan Jesus, è impressionante. Com’è messa la difesa della Nazionale? Benissimo. Il blocco juventino è fortissimo, giocano sempre insieme. Io spero di scardinarlo. Ma non fatemi dire altro, la Nazionale mi porta sfortuna, quando c’è un grande evento mi faccio male, quindi mi sono imposto di non pensare né al Mondiale né alla Confederations Cup».

Ranocchia è poi passato all’analisi del momento nerazzurro: «Possiamo lottare per i primi tre posti? Potenzialmente penso di sì, ma dobbiamo crescere ancora tanto. Come nei colpi di testa? Esatto, ci vuole più attenzione. Cresciamo nel secondo tempo? Non è sempre così. Con la Roma è stato un caso a parte, all’inizio arrivavano da tutte le parti e non ci davano punti di riferimento, poi sono calati. Cambio di modulo punto di forza? Se troviamo i giusti equilibri sì, ma per gli avversari fa poca differenza, l’effetto sorpresa dura dieci minuti poi trovano le contromisure. Due giorni in più di vacanze? Giustissimo. Tutti abbiamo lavorato durante le feste, lo dimostra il fatto che chiudiamo le gare a mille. Non smettiamo mai di crederci e il fisico regge».

Sulle due giornate di squalifica ricevute dopo la gara con il Genoa ha, invece, dichiarato: «Cosa ho pensato? Che non era possibile. Uscendo dal campo ho detto soltanto questa frase: “È una vergogna”. Ma senza rivolgermi a nessuno degli ufficiali di gara. Però ho imparato la lezione, per non correre rischi non parlo più», mentre su cosa vorrebbe vincere e l’addio di Sneijder ha spiegato: «L’Europa League si sta rivelando una grande esperienza, ma se potessi scegliere direi lo scudetto. Sneijder? Wesley è un amico, quando sono arrivato qui mi ha aiutato ad inserirmi e quindi mi è dispiaciuto che se ne sia andato. Gli auguro di tornare grande nel Galatasaray».