2013
Inter, Moratti: «Stavo già pensando di mollare…»
INTER MORATTI ZANETTI RONALDO RECOBA – Con una lunga intervista rilasciata per “Sette”, l’inserto settimanale del quotidiano La Repubblica, Massimo Moratti ha raccontato i suoi diciotto anni da patron dell’Inter, prima dell’avvento in società di Erick Thohir. E l’attuale presidente del club nerazzurro ha fatto capire, come se ce ne fosse bisogno, quanta passione e quanto amore c’è dietro la sua attività da gestore delle vicende dell’Inter sin dal 1995, quando decise di raccogliere l’eredità di Pellegrini.
TANTO AMORE – «L’Inter per me è una passione grande come lo era per mio padre e come credo lo sarà ancora per mio figlio – ha esordito Moratti – , sin da piccolo mio papà mi consigliò di affrontare questa esperienza perché mi avrebbe aiutato a crescere a soffrire e migliorarmi di conseguenza. Mi sembra giusto ad un certo punto farsi da parte, non ho mai pensato di essere presidente a vita del club, ho cominciato a guardarmi intorno dopo la vittoria della Coppa Italia nel 2011.»
VOLEVO MOLLARE – Moratti, in seguito ha rivelato che l’intenzione di lasciare la proprietà dell‘Inter era già stata presa in considerazione in passato: «Nel 2006 avevo pensato di mollare, vedevo un muro insormontabile davanti, poi venne fuori il tutto con lo scoppio di calciopoli e prevalse in me il senso di responsabilità verso la gente dell’Inter.»
JAVIER E RONIE – Poi, Moratti è passato a parlare dei giocatori che ha più amato, tra quelli che hanno indossato la maglia dell’Inter: «Negli anni tanti giocatori sono arrivati durante la mia gestione, penso al primo che adesso è ancora con noi, Zanetti, mi mandarono un video dell’Argentina per osservare Ortega ma mi impressionò questo terzino formidabile che volli subito prendere, poi facemmo anche il grande colpo con Ronaldo che fece conosce l’Inter al mondo in maniera importante, lo pagammo tanto ma 5 anni dopo lo rivendemmo al doppio, fu una grande operazione di mercato. Tutti sanno della mia passione per Recoba, quello che mi piaceva di lui erano le giocate che faceva in partita dal nulla, senza averle provate prima.»