Infortuni Serie A, parla Pincolini: «Troppa fretta e poca preparazione» - Calcio News 24
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2016

Infortuni Serie A, parla Pincolini: «Troppa fretta e poca preparazione»

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bonucci infortunio serie a

Quasi 200 infortuni in 12 giornate di Serie A: è emergenza. Vincenzo Pincolini, preparatore storico del nostro calcio, individua cause e rimedi per una situazione da allarme rosso: «Bisogna lavorare bene d’estate e non avere fretta con i giovani in crescita»

INFERMERIE PIENE – I numeri di questo primo scorcio di campionato sono allarmanti, la Serie A fa registrare 193 infortuni in 12 giornate. Mai prima d’ora le infermerie dei nostri club – ma è un problema che va anche oltre i confini nazionali – avevano conosciuto una simile frequenza di problemi muscolari e traumatici. Un’interpretazione d’autore arriva da Vincenzo Pincolini, storico preparatore del Milan di Sacchi, trent’anni di carriera internazionale e oggi nello staff dell’Italia Under 19. Ai microfoni del Corriere dello Sport il professionista lancia l’allarme: «Le tournée estive, come quelle della pausa invernale, portano soldi che poi magari gli infortuni ti fanno perdere perchè fallisci obiettivi sul campo. Ragioniamo intorno a un tavolo: i tecnici, le tv, chi fa i calendari, le società. E cambiamo».
LE CAUSE – Alla base di un fenomeno tanto preoccupante c’è, secondo Pincolini, la frenesia del calcio moderno con ciò che comporta in termini di stress per i calciatori: «Non abbiamo più i periodi di preparazione precampionato congrui. Vent’anni fa c’erano i canonici 40 giorni. Ora dopo una settimana scattano le amichevoli di lusso. Fatevi una domanda: perché Maldini, per dirne uno, poteva sostenere le partite della Nazionale militare, della Under 21 e qualche chiamata della maggiore, più gli impegni con il Milan, e riusciva a giocare 60 partite? Intanto perché il ritiro era un ritiro vero e ti faceva mettere in carica le batterie per la stagione». La pressione non risparmia i giovani, che il preparatore azzurro vede da vicino: «Non dobbiamo mai perdere di vista che tra i 16, i 17 e i 18 anni dobbiamo lavorare per costruire l’atleta calciatore creando le basi per gettare poi i ragazzi nella mischia. E invece magari anche da lì si comincia a lavorare troppo in funzione del risultato».

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