2014

In quattro capitoli la crisi di un Napoli costretto a tifare Juve

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Fiorentina-Juve aveva aperto le porte del sogno, un girone dopo la situazione è rovesciata: i fattori della crisi partenopea

SERIE A EUROPA LEAGUE NAPOLI – In relazione alle aspettative iniziali è il Napoli la delusione del campionato: sgombriamo il campo dai dubbi, non si può parlare di fallimento considerando l’eccellente dimostrazione di forza in Champions League ed un cammino internazionale che – a patto di centrare almeno la semifinale di Europa League – dà vigore al progetto partenopeo. Senza dimenticare la finale di Coppa Italia. In campionato però un girone di ritorno da brividi – due sole vittorie in sette partite – consegna al Napoli una classifica shock: il meno 17 dalla Juventus è di portata impressionante. La crisi della banda Benitez articolata in quattro filoni.

1) ADERENZA ALLE ASPETTATIVE – Devo subito smentirmi: avevo ipotizzato un Napoli da scudetto o quantomeno in grado di contenderlo alla Juventus fino all’ultimo battito. E tra l’ammettere una previsione sbagliata ed il nascondersi dietro false verità sceglierò sempre la prima: il Napoli ha clamorosamente toppato il suo obiettivo principale senza neanche giocarselo. Perché avevo creduto in un Napoli da scudetto? Mi ci hanno portato loro, i diretti interessati. Andatevi a rileggere le dichiarazioni estive, ma anche autunnali, dei vari De Laurentiis, Benitez, Hamsik, Higuain e compagnia cantando. E non è una critica, anzi: si avvera proprio quello scatto di personalità auspicato per non tremare nei momenti chiave di una stagione, come accadeva in passato per timore della propria ombra. E aggiungo: mai retrocedere sul piano delle ambizioni, quello sì che sarebbe un vero fallimento.

2) A PROPOSITO DI PERSONALITA’… – Quella mentalità vincente poi devi essere in grado però di scaricarla sul campo, tutte le tonnellate a disposizione e non solo una piccola parte, peraltro a tratti e senza un barlume di continuità. E’ immediato fare i conti – che non starò qui a propinarvi per non annoiarvi ulteriormente – e comprendere come il campionato del Napoli sia stato decisamente condizionato dall’andamento con le cosiddette piccole: una marea di punti gettati al vento, molti dei quali dopo esser andati in vantaggio. Emblema questo di un evidente deficit di personalità. Superfluo poi esaltarsi nella grande sfida di turno, peraltro – in trasferta contro Roma e Juventus – fallite anche quelle, seppur con copioni totalmente differenti.

3) DENTRO I PASSI FALSI: QUALCHE DATO – Cercasi personalità ma non solo: c’è anche l’aspetto tecnico ed il Napoli, a fronte di una evidente abilità nel creare situazioni attive di gioco, si è più volte sgretolato sotto il profilo dell’equilibrio generale. Partiamo dalla fase offensiva: il Napoli segna tanto ma potrebbe addirittura fare meglio, 51 reti in 26 partite sono un’ottima media (1.96 gol a gara, alla Juve per vincere lo scorso scudetto bastò una media di 1.86, 71 gol in 38 partite) migliorabile da un’alternativa ad Higuain che potesse vantare la fiducia di Benitez. Che ha voluto Zapata senza però puntare sul colombiano. Il passivo accumulato invece non può mai essere da scudetto: 29 reti in 26 partite – le stesse subite da Fiorentina, Inter e Parma – si traduce nella circostanza per cui scendi in campo sempre con un gol da recuperare. Impensabile. Il rammarico è forte perché, fatta la torta, è mancata la ciliegina: e non parliamo di fenomeni, sarebbe bastato quell’Astori di fatto preso e poi scaricato per evitare almeno gli errori tecnici dei singoli.

4) SOCIETA’ – Che non è solo proprietà ma anche dirigenza. Abbiamo già detto: false aspettative, carenza di personalità e lacune delle due fasi di gioco con il Zapata sì e l’Astori no. Sembrerebbe finora colpa di Benitez: il tecnico spagnolo ci ha messo sicuramente del suo ma il curriculum parla da solo e resta proprio lui la risorsa più credibile per il Napoli del futuro. Sugli errori (e sugli enormi meriti) della società – che è proprietà e dirigenza, ah: ma Leonardo è libero? – si è già detto tutto: promesse di investimenti post cessione Cavani per 124.5 milioni per poi elargirne quaranta in meno, stesso discorso applicabile alla sessione di mercato invernale con 50 milioni dichiarati che poi sono diventati 15. E con discrepanze temporali: la fame scudetto passa anche dal ricoprire al primo giorno utile le lacune lasciate aperte in estate. Non è stato così e il più inguaribile pessimista non avrebbe mai ipotizzato che alla 27^giornata, tra Juventus e Fiorentina dopo un girone dal crollo bianconero che aprì le porte alla speranza, ci si ritrovasse più vicino ai viola. Più vicini al quarto che al primo posto. E a tifare per la vittoria della Juve. 

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