2016
E lora di tornare spietato, come in quel gol alla Roma
Ciro Immobile alla Lazio: la fame è la stessa
Capocannoniere in Serie B nella stagione 2011-12 con 28 reti all’attivo, capocannoniere in Serie A due anni dopo con 22 firme: al Pescara con Zeman, al Torino con Ventura. Due allenatori che allenano, due tecnici che valorizzano in generale il complesso del gioco, nello specifico l’efficacia della produzione offensiva. Si è così esaltato Ciro Immobile, tanto da meritarsi la gloriosa chiamata del Borussia Dortmund di Jurgen Klopp.
IL GRANDE SALTO – Non ha funzionato. Il che non vuol dire – come troppi vogliono immediatamente tradurre – si tratti di un bidone, di un calciatore poco strutturato: Ciro Immobile non è riuscito ad affermarsi con le maglie di Borussia Dortmund e Siviglia, ha pagato ambientamenti complessi e lo scarso tempo concessogli per adeguarsi a modelli di calcio differenti e potersi giocare le carte in realtà – anche sociali – decisamente differenti. Nel frattempo si è tolto gli sfizi di siglare 4 reti nella sua prima edizione di Champions League e di restare stabilmente nel giro della nazionale, con l’Italia di Conte che lo ha eletto tra gli inamovibili del suo progetto nonostante un numero di presenze non all’altezza magari di tanti suoi colleghi.
IL CIRO NOSTRANO – Svolta debita promessa, poco si potrà opporre al Ciro Immobile ammirato in patria: l’ultima stagione piena – quella valsa appunto il salto internazionale – disputata da vera e propria star del palcoscenico. Il titolo di capocannoniere ciliegina di una torta fatta di tanto altro: capacità di calcio con entrambi i piedi – in tanti ricorderanno il suo meraviglioso gol di mancino realizzato alla Roma nello scenario dell’Olimpico – e di presenziare sulle palle alte, fisicità nella protezione della palla e buon passo nella ripartenza, quando magari c’è da partire da più lontano. Una discreta varietà di soluzioni esaltata dal lavoro di Ventura: riferimento offensivo ma anche attaccante in grado di crearsi da sé la strada per ferire l’avversario. Classe ’90, tutto nei tempi giusti, con quelle discontinuità da eliminare nella seconda fetta della sua carriera per strutturarsi come un centravanti di piena affidabilità e non essere ricordato come una meteora.
RILANCIO BIANCOCELESTE – Meno di dieci milioni di euro, quelli spesi dalla Lazio per garantirsene le prestazioni: un affare decisamente intelligente per le dimensioni del club biancoceleste. Che per una cifra assolutamente ragionevole potrà contare su un centravanti che in Serie A ha dimostrato di saperci fare. Tocca a Simone Inzaghi: come premesso, Immobile è pedina che si esalta se sorretto da una squadra che predilige il calcio offensivo. Che sceglie di imporre il proprio calcio a prescindere dal livello dell’avversario, pur a rischio di rimediare qualche figuraccia. Quella che non mancherà è la fame, la rabbia agonistica: le stagioni che dovevano essere quelle della definitiva affermazione, del grande salto internazionale, si sono poi tramutate nelle annate del ridimensionamento. O quantomeno della mancata realizzazione di alcuni sogni nel cassetto. Il carattere del calciatore però è di quelli assolutamente positivi: Immobile è ragazzo che sa catturare il positivo dalle nuove pagine e non fermarsi alle delusioni del passato. Trova un ambiente in linea con il suo mood attuale: voglioso di riscatto. Di riaccendersi. Quale migliore occasione?