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2015

Immobile: «E’ dura, ma non torno. Juve…»

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L’attaccante non vuole lasciare il Borussia Dortmund

Vive ad Unna, non lontano dal traffico di Dortmund, in una villa di 600 metri quadri, giardino compreso, che ha cercato il figlio di Jurgen Klopp. Non è facile però per Ciro Immobile ambientarsi in Germania e lo ha ammesso ai microfoni di SportWeek, dove ha evidenziato alcuni retroscena: «Quando, l’anno scorso, a Torino Jessica conobbe la moglie di Farnerud, svedese mio compagno di squadra appena arrivato in Italia, e vide che era incinta, si ofrì subito di aiutarla. “Per qualsiasi cosa, io ci sono”, le disse. Qui, a inizio stagione, il club ha organizzato una specie di festa tra i giocatori e le loro famiglie. Jessica è rimasta col suo pancione seduta in un angolo per tutta la serata. Ci fosse stata una delle mogli dei miei compagni che le si sia avvicinata per chiederle almeno come stava», ha dichiarato l’attaccante del Borussia Dortmund, che fa confusione con gli orari e su come vestirsi nelle occasioni ufficiali. A Grosskreutz, però, ha insegnato gli insulti in napoletano: «La cosa è nata dal fatto che le tifoserie del Napoli e del Borussia sono gemellate, quindi lui in qualche modo si sente legato alla mia città. Perciò un giorno venne da me e mi disse: “Se qualcuno insulta Napoli o il Napoli, io gli voglio rispondere. Insegnami una parola brutta, ma brutta proprio”. E io gliel’ho insegnata. Adesso dice sempre vaffa****o, anche quando non c’entra niente».

LE DIFFERENZE – Immobile ha parlo poi dei pregi e dei difetti del vivere in Germania, dalla passione dei tedeschi alla loro eccessiva precisione: «A Dortmund il calcio è tutto e per capirlo basta venire una volta allo stadio: sempre pieno, con un tifo bollente. Ma è perché non hanno molto altro. È concepito quasi come uno svago per le famiglie. Siamo in zona retrocessione eppure ci siamo ritrovati gli ultras al campo d’allenamento una sola volta, dopo la sconfitta con lo Schalke, rivale storico. Erano in sei, hanno chiesto di parlarci. Mi sono avvicinato anch’io. “Ci aspettavamo di più”, hanno detto, e se ne sono andati. Sono più organizzati, più precisi… Ma anche la precisione, se portata all’eccesso, diventa un difetto. Era una delle prime volte che Jessica prendeva l’auto. Non conosceva la strada, doveva parcheggiare, non trovava posto, era con la bambina, insomma si trovava in difficoltà e ha accostato dove non poteva per orientarsi. Il tempo di fermarsi e un vecchietto era già là. Mica per aiutarla, per prendere il numero di targa!».

LE DIFFICOLTA’ – Dalla vita in Germania al calcio giocato, il salto è breve per Immobile, che vive di calcio. E allora dalle difficoltà di adattamento alla vita tedesca si passa a quelle in Bundesliga: «Un attaccante deve essere sostenuto dalla squadra. Se la palla non arriva, o arriva tardi… È che, quando una squadra ha molti problemi, non può concentrarsi su quelli di uno solo. Crisi? È una questione mentale. Klopp dice che in allenamento ci vede bene, poi in partita non riusciamo a ripeterci. Semmai è stata la vittoria al Mondiale a distrarre un po’ tutti. Io devo adattarmi a un calcio più fisico, più veloce. Loro, all’inizio, forse pensavano che fossi il classico italiano che non ha voglia di lavorare, poi si sono accorti che sono uno che si fa il mazzo tutti i giorni per imparare, crescere, giocare e, soprattutto, vincere. Solo i giornali fingono di non vedere. Nel senso che continuano a criticare senza sapere quello che il Borussia mi chiede e quello che posso dare. Parlano solo dei soldi che prendo».

SCELTE E SCENARI – I soldi, però, non hanno inciso nella sua decisione di passare al Borussia Dortmund: «Avevo altre tre o quattro offerte dall’estero che mi garantivano lo stesso ingaggio. Ho scelto il Borussia per la sua storia e soprattutto per il modo in cui giocavano, nel quale mi vedevo inserito alla perfezione». E sulle possibilità di superare la Juventus nella doppia sfida di Champions League: «Almeno il 50 per cento. Sarà l’atmosfera, la musichetta, ma in Coppa ci trasformiamo. Non dobbiamo avere paura. Tevez è il più pericoloso. Segna, difende, dà la scossa». Infine, sulla tentazione di tornare in Italia: «No. Ho preso una strada e voglio arrivare in fondo».

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