2014

Il Vodz, storia di Osvaldo Jaconi

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L’allenatore con più promozioni in carriera, ve ne parliamo oggi, con riferimento allo splendido periodo livornese

UN POMERIGGIO TREVIGIANO – Quando mancano solo quattro minuti alla fine della partita, lo stadio di Treviso sembra tutto fuorché di Treviso. I tifosi del Livorno si sono gettati in massa in Veneto per una partita decisiva, che però a pochi minuti dal termine potrebbe diventare una beffa clamorosa. Potrebbe. Sull’uno a uno dopo i gol di Piovani e Lorenzini, con il telecronista livornese che calca sulle L e sulle R più del dovuto come fanno i livornesi, Fanucci lancia lungo e Alteri fa da sponda di testa per Igor Protti, il quale fa la cosa che gli riesce meglio e mette dentro il gol della B. Il Livorno vincerà due a uno e nella passeggiata finale contro l’Alzano Virescit concluderà il 2001-02 in vetta alla C1 girone A e tornerà in Serie B dopo anni e anni e anni. In panchina in quel momento c’è un signore grassottello, che in molti faticherebbero a definire uomo di calcio solo guardandolo, e invece quello è uno dei tecnici più vincenti d’Italia. E’ il Vodz, è Osvaldo Jaconi. Ma partiamo dall’inizio.

MARCHE – Osvaldo Jaconi nasce nel 1947 a Mandello del Lario in Lombardia e da giocatore fa il trequartista tra Lecco, la Romagna e le Marche, una regione che rimarrà in tutto e per tutto nel suo cuore. Lombardo di nascita ma verace come solo in certe zone del Centro Italia si può essere, Jaconi nella sua lunga e prestigiosa carriera di allenatore troverà fortuna specialmente in città affini al suo carattere, come Castel di Sangro e Livorno. Diventa mister a Civitanova Marche, con la Civitanovese: due anni e arriva la prima promozione in C1, secondo posto nell’allora C2 e promozione diretta. E’ la prima di una lunga serie, saranno otto nel calcio professionistico, undici in tutto il calcio italiano le volte in cui il nostro Jaconi riuscirà a far salire di categoria la sua squadra. Dopo Civitanova ancora Marche, si va a Fano ma la musica non cambia, il campionato 1984-85 segna la stupefacente promozione dei fanesi dopo spareggi killer con Civitanovese e Teramo: la C1 se la gioca nel giugno 1985 a Perugia e vince 6-5 ai rigori una partita sofferta. E siamo a due, tenete il conto. Il grande salto – prima Rimini e Catania, poi ancora Rimini e Lecco, portato in D – non va a buon termine ma arriva nel 1990 la chiamata del Leonzio, che si conclude nel 1993 con l’ennesima ascensione, dalla C2 alla C1.

ASCESA A MONTE VENTOSO – Petrarca scrisse l’Ascesa a Monte Ventoso, una simbolica camminata verso Dio. Jaconi di ascese ne ha scritte parecchie e se non bastassero le quattro già narrate, ecco il momento della consacrazione: l’arrivo a Castel Di Sangro. Jaconi dapprima rifiuta i giallorossi, poi si unisce a loro nell’anno di grazia 1994. Il Castel di Sangro è un piccolo club di imprenditori locali, in un paese dell’Abruzzo il cui stadio ha più posti che abitanti la cittadina. Sembra impossibile riuscire a salire di categoria ma per Osvaldo niente è impossibile: con la solita sagacia e il credo tattico arriva la prima promozione, nel 1994-95 Jaconi si diverte ancora una volta a eliminare in finale una sua ex, ad Ascoli col Fano finisce 7-5 d.c.r. E’ l’inizio della favola Castel Di Sangro, narrata – tra luci e ombre – pure nello splendido libro di Joe McGinniss del 2001. Il destino è beffardo e quando decide di metterci lo zampino lo fa in modo diabolico, ancora una volta le Marche sono protagoniste nel destino di Jaconi. E’ con l’Ascoli che la sorpresa del campionato di C1 1995-96 vince ancora una volta ai rigori la finale playoff, stavolta a Foggia. E’ un risultato assurdo e clamoroso, il Castello è addirittura in Serie B e a fine anno per Osvaldo arriva la Panchina d’argento.

BELLA LIVORNO, MI FERMO QUI – Dopo l’Abruzzo c’è la Campania, si salva coi giallorossi in B e nel 1998-99 ecco l’ennesima risalita col Savoia di Torre Annunziata prima della chiamata del Livorno nel 2000. Qui Jaconi fa la storia. Il Livorno non va in B dal 1972 (nel mezzo tenete conto che i labronici sono pure falliti) e ha bisogno di una guida forte, di un vero comandate per riuscire a risalire. Il legame tra Jaconi e la tifoseria è viscerale, i capi ultrà livornesi lo chiamano Vodz, perché in cirillico vuol dire capo, e lui ricambia l’affetto con una grinta e un attaccamento ai colori amaranto che sul Tirreno rivedranno solo a sprazzi coi tecnici futuri. Il primo anno è la beffa delle beffe, nonostante Igor Protti – per dirvi quanto è amato a Livorno, c’è una piazza a suo nome – capocannoniere, la squadra perde la finale playoff a Como con un autogol incredibile di Giraldi all’ultimo istante dei supplementari nonostante un assedio durato tutto il match. La squadra è buona, l’anno successivo diventa formidabile e il 2001-02 è la stagione buona: Protti vince ancora il titolo di capocannoniere e il 3-5-2 disegnato da mister Jaconi incanta per quasi tutto il campionato, accusa solo una flessione all’inizio del ritorno e, nonostante la sconfitta nello scontro diretto con lo Spezia, sale in B dopo quasi quarant’anni. 

HASTA SIEMPRE COMANDANTE – Dopo Livorno arriveranno altre squadre – Ivrea (altra risalita), Ravenna, Bassano su tutte – e due promozioni in D con Montegranaro e Civitanovese, l’ultima cronologicamente quasi a chiudere un ciclo. Ma Livorno resterà il luogo dove ha portato più passione, tanto da essersi definito lui stesso non tanto l’allenatore quanto uno dei tifosi labronici. Ivan, Cannarsa, Doga, Gelsi, Fanucci, Mezzanotti, Ruotolo, Piovani, Alteri, Protti, Saverino è una filastrocca che i tifosi del Livorno cantano ai bambini per ricordare quanto era unito e forte quel gruppo lì, che sarà alla base anche della promozione in A di Mazzarri. Se però si vuole essere amati davvero a Livorno bisogna vincere col Pisa, e lui c’è riuscito 4 volte su 4, meritandosi una canzoncina che fa «Perché in panchina c’è Osvaldo Jaconi, che ha fatto piange’ tutti i pisani!»Adesso Jaconi sembrerà a molti una personalità borderline, ma in Italia non esiste un allenatore che abbia avuto una continuità di rendimento come la sua a tutti i livelli, escluso il palcoscenico della Serie A che curiosamente al Nostro è stato precluso. Va al passo coi tempi, ora allena con l’Ipad e si dimostra un tecnico moderno nonostante i sessantasette anni. L’aspetto fisico non è cambiato, sempre tendente alla rotondità e alla canizie, e nemmeno il suo motto è mutato: «Se vuoi vincere bastano i calciatori, ma se vuoi vincere con continuità servono gli uomini». Psicologo, motivatore, guida, Vodz.

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